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L'ultimo tatuaggio di Spalletti

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© LAPRESSE
La ripartenza dell'ex c.t., l'Empoli di Silvano Bini, l'anno di Pioli e la Serie A alle 20

Luciano Spalletti riparte dalla Juventus ma non è chiaro se valga il contrario visto che il contratto fino a giugno non è un’attestazione di enorme fiducia, al di là dell’opzione di rinnovo in caso di qualificazione alla Champions League e dei minimo 3 milioni che Spalletti incasserà. Di sicuro il sessantaseienne ex commissario tecnico dell’Italia era uno dei grossi nomi sul mercato e la carriera nei club parla per lui, che nella quotidianità ha quasi sempre fatto bene o benissimo, in squadre con livelli e obbiettivi molto differenti. Quanto agli addii, qui siamo fra il male e il malissimo ma fanno anche questi parte del personaggio. L’obbiettivo della Juventus è comunque chiaro, mentre non è chiaro il livello della rosa, vista la zavorra delle scelte di quattro diversi uomini mercato in quattro anni. Alla Juventus Spalletti trova il figlio Federico, da un anno e mezzo osservatore bianconero, e un ambiente meno esplosivo che a Napoli, Roma e Milano, per non parlare di quello azzurro: forse è davvero il suo posto ideale, come da quando è in contatto con la Juve (nel 2014, esonerato dallo Zenit, era uno dei primi candidati per il dopo-Conte) sostengono i suoi estimatori. Non si può dire che Spalletti-Juve sia una sorpresa, visto come stavano andando le cose con Tudor. Quanto all'incoerenza ("Mai in un club, dopo avere allenato l'Italia") e allo scudetto napoletano di due anni fa tatuato, tutto è destinato ad essere tritato dall'attualità. La vera domanda riguardaquale Spalletti troveremo dopo il tremendo biennio azzurro: la Nazionale ha bollito tutti tranne Conte, una statistica diffficile da sfatare.

Uno che ha conosciuto bene Spalletti, anche da giocatore, era Silvano Bini. La sua vita, in gran parte spesa per l’Empoli, spiega meglio di un milione di parole che cosa fosse il calcio di una volta, dove per ‘una volta’ si intende il pre-Bosman. Bini appena scomparso a 96 anni nella sua Empoli, nell’arco di mezzo secolo (ma davvero, dal 1947 al 1996) per la sua squadra è stato letteralmente tutto, anche presidente alla fine degli anni Ottanta, poi è ovvio che lo si ricordi soprattutto come scopritore di talenti: da Montella a Di Natale, da Di Francesco a Galante, da Caccia a tanti altri, con risultati storici come l’arrivo in Serie A nel 1986 con Salvemini in panchina e trattative memorabili come quelle per Johnny Ekstroem e Davor Cop o quella, non andata a buon fine, con il Barcellona per Archibald. Facile ma giusto il paragone con l’Ugo Tognazzi di Ultimo Minuto e imbarazzante il confronto con i dirigenti di oggi, imbarazzante per quelli di oggi visto che uomini come Bini facevano il lavoro che nel 2025 fanno in 50, ognuno con cariche altisonanti in ‘italiese’. Da ricordare che Bini ha fatto benissimo anche nel dopo Empoli, alla Pistoiese e al Livorno, anche se il sogno era quello di tornare nel ‘suo’ club. Sogno proibito dai cattivi rapporti con Fabrizio Corsi, proprio l’attuale presidente, altro dirigente della stessa cilindrata. È grazie a loro che una città di nemmeno 50.000 abitanti è dall’inizio degli anni Ottanta nel grande calcio (solo 7 stagioni in C nelle ultime 42), con il mitico scudetto dei bilanci che è un obbligo più che una scelta.

Per la Fiorentina la peggior partenza di campionato della sua storia, 4 pareggi e 4 sconfitte trasmettendo tanta tristezza, sia in casa anche per la situazione assurda del Franchi sia in trasferta dove gioca come le provinciali degli anni Settanta sperando in un contropiede di Kean. Certo non si può esonerare un allenatore perché ha perso a San Siro contro l'Inter, ma la situazione di Pioli è comunque complessa perché il club è convinto, a ragione, di avergli dato (oltre a un contratto triennale da 6 milioni lordi a stagione, una cosa quasi da arabi) una rosa da Europa League. Per questo il destino di Pradé e Pioli è legato, difficile che salti uno senza che salti anche l'altro. Scommessa? La Fiorentina si risolleva un po' con Pioli, chiudendo a centroclassifica, in zona Torino-Udinese, prima di una rescissione soft. 

Anticipare le partite serali di Serie A alle 20 è una buona idea della Lega, che Ezio Simonelli non perde occasione per ricordare, Un’idea che DAZN e Sky stanno ostacolando, con i contratti fino al 2029 dalla loro parte, per non far finire le loro serate alle 21:45. Una buona idea per il pubblico reale e per i più giovani, che potranno tornare a casa dallo stadio a un orario decente o comunque, nel caso fossero telespettatori, andare a letto prima visto che il loro lavoro non è guardare partite di calcio. La facile previsione è che le partite rimarranno alle 20:45, magari con qualche esperimento alle 20, nella presunzione che il tifoso accetti tutto. Più concreto è il progetto di avere più partite importanti nello slot delle 15, per il mercato asiatico.

stefano@indiscreto.net