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Una Champions per Conte

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© Getty Images
Le ambizioni del Napoli, le convocazioni da Under 20 e Gattuso decimo

A poche ore da Manchester City-Napoli si può dire che questa Champions League cambierà tantissimo nella percezione della carriera di Antonio Conte, che nella manifestazione per club più importante del pianeta ha spesso ottenuto meno del potenziale delle sue squadre (Juventus, Chelsea, Inter, Tottenham) e in qualche caso (il terzo anno alla Juve, il secondo all’Inter) anche fatto brutte figure. La base della sua decisione di rimanere a Napoli è stata proprio questa: dimostrare, con una squadra adeguata ma non 'troppo' forte (si deve parlare di Napoli di Conte, sempre), di non essere soltanto uno da campionato. Serial winner sì, ma non nelle partite senza domani. Guardando ai budget e al valore dei giocatori si può già fare una tabella. Eliminazione nella prima fase: nemmeno immaginabile. Eliminazione nel playoff: fallimento. Eliminazione negli ottavi: Napoli che ha fatto meno del suo. Eliminazione ai quarti: Napoli che ha fatto il suo. Semifinali: stagione strepitosa. Finale: impresa. Vittoria: statua equestre, lui portato a braccia dalla folla verso la panchina della Nazionale post Gattuso. Al di là dello scherzo, ma neanche tanto perché Simone Inzaghi è stato sottovalutato dai suoi stessi dirigenti dopo due finali di Champions in tre anni, Conte è il primo a sapere che non puoi essere considerato uno dei migliori allenatori del mondo (se non dai giornalisti amici e da chi deve fare marketing editoriale) senza essere mai andato oltre i quarti della competizione più importante. 

Era dal 2009, dall’edizione disputata in Colombia, che i Mondiali Under 20 non avevano una data così stupida e bene hanno fatto tanti club a boicottare le convocazioni di Nunziata riguardanti giocatori che pensano di utilizzare almeno per qualche minuto. Da ricordare che nel caso del Mondiale Under 20, fuori dalle finestre FIFA ufficiali, i club non sono obbligati a concedere i loro giocatori. Sarà quindi difficile in Cile essere all’altezza dell’Italia di due anni fa, quella di Casadei, Pio Esposito, Baldanzi, Pisilli, Pafundi, eccetera, seconda dietro all’Uruguay. Tutto è tornato un po’ indietro, a partire dall’allenatore degradato rispetto all’Under 21, per non parlare dei convocati: togliendo quelli già da Under 21, i rifiutati dai club (tipo il Milan con Bartesaghi) e chi ha marcato visita con scuse serie o labili è rimasto molto poco, al di là di qualche giocatore già vero come Liberali e Konate. Qualche scommessa, un po’ di Manuale Cencelli, gli immancabili figli d’arte (Natali figlio di Cesare, Mannini figlio di Daniele, Riccio figlio di Gigi il vice di Gattuso) che fanno asteriscare molto calcio giovanile. Non mettiamoci a fare processi in caso di fallimento, perché il Mondiale Under 20 conta poco e contava poco anche quando abbiamo preso medaglie.

Come si calcola il ranking FIFA? Domanda che ha cittadinanza dopo il rientro dell’Italia nelle prime dieci del ranking in seguito alle vittorie contro Estonia e Israele. La risposta è facile, tutto è spiegato nel dettaglio sul sito della federazione presieduta da Infantino. Difficile contestare il metodo Elo, in uso dal 2018, che tiene conto degli ultimi quattro anni dando più peso, con un sistema di coefficienti, ai risultati recenti, al ranking degli avversari incontrati (cosa che in parte avvantaggia gli europei) e all’importanza della partita. L’Italia è decima al mondo e nemmeno ha più il traino degli Europei di Mancini. Vuol dire che al netto del disfattismo cosmico c'è un livello medio sotto cui l'Italia raramente scende: il punto più basso da quando esiste il ranking FIFA è stato infatti il ventunesimo posto del 2018. Lo scriviamo per ricordarcene alla vigilia del playoff ormai quasi inevitabile. 

stefano@indiscreto.net