Dubitiamo che Lorenzo Insigne possa tornare in Nazionale, come ha dichiarato lui a metà fra la battuta e la frase auto-motivazionale, ma al di là dell'ottimo rapporto personale che ha con Gattuso nel calcio italiano di oggi un Insigne in declino ci può stare benissimo. Certo dopo tre stagioni e mezzo di MLS, a 15 milioni lordi a stagione, una scelta ‘araba’ ante litteram fatta da campione d’Europa e con un De Laurentiis freddo nei suoi confronti, la voglia di dimostrare qualcosa è ancora tanta, e nella Seria A che ha come uomini mercato Immobile e Dzeko il trentaquattrenne Insigne potrebbe avere cittadinanza anche se nessuno sa come abbia giocato a Toronto al di là degli highlights e dei mal di pancia, vedendo il Napoli vincere due scudetti senza di lui. Scudetti che lui, Hamsik e Mertens si sarebbero meritati.
Il tremendo infortunio di Musiala ha fatto guadagnare a Donnarumma critiche assurde, per un portiere in generale ma anche per uno come lui che spesso nelle uscite basse ha rischiato la faccia, se non la vita. La cicatrice per la scarpata di Singo è lì a testimoniarlo… Anche in questo caso l’entourage del portiere della Nazionale ha notato che il PSG, da lui trascinato alla vittoria in Champions League (spettatore solo nella finale con l’Inter), non è stato troppo caloroso nel difenderlo, ma la linea per quanto riguarda il rinnovo non è cambiata: nessuna fretta di rinnovare un contratto che scade nel 2026, potendo scegliere di andare ovunque e a qualsiasi cifra. Mino Raiola sosteneva che Donnarumma avrebbe dovuto tornare in un grande club italiano, il cugino Vincenzo la vede diversamente e come idea di base vorrebbe massimizzare il nuovo contratto con il PSG. Donnarumma, l’unico calciatore azzurro che tenga alla Nazionale più che al suo club, in questo momento è più tendenza Mino.
Il caso di Francesco Farioli è molto interessante e va al di là del classico ‘Nessuno è profeta in patria’. Perché l’emergentissimo e italianissimo allenatore non è mai stato nel mirino di alcuna grande, delle tante che hanno cambiato allenatore a questo giro, né di alcuna media, nonostante in Turchia e al Nizza abbia guidato questo tipo di squadre, al di là dell’ultima stagione all’Ajax con Eredivisie buttata. Se il Porto, che come presidente ha un ex allenatore come Villas Boas, crede in Farioli non si capisce perché non lo abbia fatto, per dire, la Fiorentina. In realtà la macrotendenza delle proprietà straniere, e in particolare americane, è quella di non puntare sull’allenatore-guru: giovane scommessa magari sì, tipo Cuesta, ma non uno che dica ‘Il mio calcio’ o ‘I miei valori’. Lo si è visto anche con De Zerbi, maestro di Farioli, contattato senza troppa convinzione dall’Inter nel caos seguito all’addio di Inzaghi.
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