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Antipatia per USA 2025

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© Juventus FC via Getty Images
La differenza fra Tunisia e Al-Hilal, la narrazione su Sarri, lo spazio per Elliott, il caso Vlahovic e il problema di Italia-Israele

Il Mondiale per club piace sempre di più, come indicano gli ascolti televisivi anche di partite insulse, oppure è un flop totale come da noi dice chiunque non sia tifoso di Inter e Juventus? Con gli ottavi di finale in corso è presto per i bilanci, ma il fatto che ci siano già quattro candidature ufficiose (Spagna, Brasile, Qatar e Marocco) per l'edizione del 2029 dice che l’idea di avere in un modo o nell’altro quasi tutti i migliori giocatori del mondo, cosa che il Mondiale per nazioni non garantisce, può avere un futuro, soprattutto coinvolgendo quanti più top club europei possibile, previo pagamento. Di sicuro ci sono stati Mondiali classici giocati con temperature terrificanti (Spagna ’82, Italia ’90, USA ’94), in stadi semivuoti (purtroppo la sola Italia ’90, noi c’eravamo ma i più giovani possono controllare su YouTube) e con alcune squadre ridicole al livello dell’Auckland City senza destare scandalo in quelli che ‘si gioca troppo’, ignari dell’epoca in cui quelle poche partite in meno vedevano in campo sempre gli stessi undici. Davvero qualcuno è più interessato alla Giamaica che agli Urawa Red Diamonds o alla Tunisia rispetto all'Al-Hilal?

Lotito ha preso in giro Sarri, usandolo come parafulmini? È probabile che l’allenatore lo pensi, visto che la situazione finanziaria della Lazio non si è definita nelle ultime settimane. Ma la scelta di rimanere nonostante un mercato in entrata bloccato fino a gennaio, se va bene, lo mette in una posizione di forza: i successi saranno successi di Sarri, i fallimenti colpa di Lotito. Eppure anche al netto delle sei o sette cessioni doverose, a partire da Tchaouna, Sarri ha ereditato da Baroni un gruppo di giocatori che ha sfiorato la Champions League e che per tre quarti della scorsa stagione ha giocato un ottimo calcio. Insomma, anche la narrazione dovrebbe avere dei limiti.

La quasi eroica uscita di scena nei quarti dell’Italia di Nunziata ha tolto da noi un po’ di luce all’Europeo Under 21 che l’Inghilterra proprio contro la Germania ha vinto per il secondo ciclo consecutivo, impresa già riuscita negli anni Ottanta con generazioni discrete (chi si ricorda Gary Shaw? Noi lettori del Guerino certamente sì) ma nulla di più. E anche quella attuale di Carsley è piena di giocatori che proprio come i nostri quando sono nel giro di un grande club giocano poco: è il caso di stelle come Elliott al Liverpool o McAtee al Manchester City, ma anche di tanta classe media. La vera differenza fra l’Italia e l’Europa di primo livello sta nel numero di giocatori medi, non nella loro qualità.

L’acquisto di Dusan Vlahovic e il suo livello di ingaggio attuale, 12 milioni netti per quella che sarà la sua ultima stagione alla Juventus, non sono colpe di Giuntoli ma di una Juventuis che sembra lontanissima, quella dell’ultimo Andrea Agnelli. Però di Giuntoli è la colpa di aver lasciato incancrenire una situazione che all’approssimarsi della scadenza del contratto porta a uno stallo che media e tifosi cultori dello scudetto dei bilanci (esistono anche queste persone) imputano al giocatore e non a chi prima lo ha valutato male e a chi dopo la gestito in maniera scellerata, magari suggerendo a Thiago Motta e a Tudor certe mosse ‘tattiche’. Comolli ha poco margine di manovra, con un giocatore che ha già fatto sapere di non volere situazioni da baby-pensionato in Arabia e che potrebbe stare un anno ai margini per poi andarsene gratis. Uno dei buchi dei regolamenti FIFA è l’asimmetria fra giocatore e club: il primo si può liberare unilateralmente del club dopo 3 anni di contratto, con un indennizzo stabilito dalla FIFA, il secondo deve tenersi fino alla fine un acquisto sbagliato che non riesce a rivendere. Non è giusto, visto che con un contratto ognuna delle due parti si prende un rischio. 

Italia-Israele del 14 ottobre a Udine invece che a Bari è stata una scelta intelligente di Gravina, ricordando come l'anno scorso in Nations League le cose allo stadio di Udine e fuori siano andate abbastanza bene, situazione che una città più grande non avrebbe garantito. Ma al di là della politica il rischio per la Nazionale ora affidata a Gattuso è soprattutto sportivo: il secondo posto probabile, visto come è andata a Oslo, manda a un rischioso playoff, ma probabile non vuol dire sicuro, visto che 7 mesi fa Israele ha pareggiato con la Francia e battuto il Belgio.