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Il valzer degli allenatori

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© LAPRESSE
La decisione di Conte, il Milan di Tare, il Mondiale di Tudor, gli spettatori della Serie A e l'addio dei Pozzo

Il luogo comune più amato dai cultori del fantomatico scudetto dei bilanci è che il vero scudetto sia la qualificazione alla Champions League, però non tutti i tifosi dell’Inter o della Juventus, e ormai nemmeno quelli dell'Atalanta, la pensano così. Certo il plateale fallo di Nicolussi Caviglia su Conceicao, o se preferiamo il rigore di Locatelli, vale 60 milioni, ma la Champions impone anche giocatori da Champions pagati come tali e quindi il criceto rimane sulla ruota a qualsiasi livello. Quasi tutti viaggiano al limite, anche il Napoli che dopo il grande mercato estivo ha dovuto cedere a gennaio il suo miglior giocatore, deve ancora trovare una soluzione accettabile per Osimhen e soprattutto con i festeggiamenti per lo scudetto ancora in corso deve convincere Conte del fatto che la squadra sarà rinforzata. In un momento in cui tutti credono di essere nella testa dell’allenatore noi facciamo una semplice domanda: quale squadra italiana l’anno prossimo darebbe a Conte più garanzie di un Napoli con qualche acquisto? Forse il Milan a cui nell'estate 2024 era stato vicinissimo, che con due difensori centrali accettabili passerebbe dal disastro a firma Furlani-Ibra all’essere da scudetto, ma non stiamo comunque parlando di un altro pianeta rispetto al Napoli. Dalla ‘decision’ di Conte dopo l’ennesimo incontro con De Laurentiis (ma non ce ne sarebbe bisogno, si sono visti anche ieri a Ischia) dipenderà tutto, e per noi cresciuti nel mito del valzer degli allenatori è anche giusto così. Allegri, Sarri, Mancini, Farioli, eccetera, ma non più De Zerbi che andrà avanti con il Marsiglia, aspettano un segnale prima che si scateni l'inferno.

A proposito di Milan, la manifestazione di sabato pomeriggio davanti alla sede da parte di ultras e tifosi normali, cinquemila persone che civilmente hanno contestato Cardinale e i dirigenti da lui e da Elliott scelti, arriva proprio nel momento in cui è stata fatta una scelta giusta come Igli Tare. Evidentemente non la prima scelta di alcuna delle varie anime della società, visto che stiamo parlando di un dirigente disoccupato da due anni e che sarebbe arrivato già da mesi per pochi (tutto è relativo) soldi: contratto da 800.000 euro all’anno, un quarto di ciò che prende Giuntoli alla Juve. Di sicuro un uomo di calcio, bravo nel valorizzare quei giocatori medi ma sottovalutati che da sempre sono la base della Lazio di Lotito, di cui Tare è stato direttore sportivo o facente funzioni per 15 anni con tante intuizioni giuste (Milinkovic-Savic, Immobile, Luis Alberto) e qualche flop tipo Muriqi. Un dirigente che crede più in un gruppo stabile che nelle rivoluzioni, un dirigente di quelli molto presenti, insomma non Ibrahimovic e nemmeno il primo Maldini, cosa che alla Lazio gli ha permesso di risolvere molti casi di spogliatoio ma lo ha anche fatto entrare in conflitto con alcuni allenatori, su tutti Sarri. Un passo in avanti in ogni caso, visto che il suo predecessore era nessuno.

Lo sfogo di Tudor, dopo la qualificazione Champions della Juventus, mettendo in dubbio la sua stessa presenza al Mondiale per club, è stato seguito da una imbarazzata marcia indietro dell’allenatore croato, l’unico a non avere capito di essere considerato soltanto un traghettatore al di là del suo valore, non inferiore a quello di tanti maestri con il maglioncino attillato. Rimane il fatto che il Mondiale per club abbia creato tante di queste situazioni ibride, anche per i giocatori: senza la formula monstre a 32 squadre si sarebbe potuto contenere tutto entro fine giugno evitando grane ai club europei, cioè quelli che a Infantino premeva avere. Certo la Juventus, Conte o non Conte, vuole risulvere la questione già adesso, quindi Tudor è nella paradossale situazione di essere il piano B di sé stesso. Nessuno può però negare che il suo rapporto con i giocatori sia migliore di quello di Motta. 

Le medie possono ingannare, perché gli oltre 70.000 spettatori di media di Inter e Milan descrivono un altro mondo rispetto ai 10.000 del Monza (e non significa che il Monza valga un settimo dei club milanesi, Galliani firmerebbe per una situazione del genere), ma rimane il fatto che la Serie A 2024/2025 abbia avuto una media spettatori a partita di 30.824. Non paragonabile ai 38.959 della stagione 1984-85, quella dello scudetto del Verona negli ultimi giorni giustamente celebrato, ma sicuramente ai dati delle stagioni in cui ogni partita è stata visibile in pay-tv, quindi stiamo dicendo dal 1996 in avanti. Ecco, per trovare una media-spettatori superiore a quella di oggi bisogna risalire al 1997-98, in una Serie A punto di riferimento del mondo almeno al pari della ancora giovane Premier League. Interessante il fatto che gli spettatori televisivi stiano invece andando in un'altra direzione.

La sconfitta con la Fiorentina potrebbe essere stata per l'Udinese l'ultima partita con la famiglia Pozzo, per non dire Giampaolo Pozzo, alla guida, dopo 39 anni di gestione intelligente da parte di un proprietario tifoso, molto più di quanto si creda. In vista l'ennesimo fondo statunitense, che almeno in questo caso non dovrebbe però stravolgere la filosofia societaria. Aspettiamo ancora un po' prima di celebrare quattro decenni in cui da Udine sono passati allenatori e giocatori di altissimo livello, con l'Europa raggiunta tante volte e la concretezza (vedere lo stadio di proprietà, di cui altri si riempiono la bocca da sempre) come bandiera.

stefano@indiscreto.net