L’esonero più lungo nella storia della Serie A si è alla fine materializzato: Sinisa Mihajlovic non è più l’allenatore del Bologna, squadra che guidava da quasi quattro anni, da quando nel gennaio 2019 prese il posto di Pippo Inzaghi. Squadra dove fra l’altro è iniziata la sua vera carriera da allenatore, dopo aver fatto da secondo a Mancini all’Inter: nel 2008 prese il posto di Arrigoni e pochi mesi dopo, pur avendo fatto abbastanza bene, fu esonerato ed al suo posto arrivò Papadopulo. Anche nel Bologna recente Mihajlovic ha fatto bene, nel senso di portare la squadra al massimo delle sue modeste potenzialità, con tranquilli campionati da centroclassifica. In mezzo al calcio, come tutti sanno, la leucemia che da tre anni lo sta aggredendo e a cui ha sempre reagito alla Mihajlovic, fra alti e bassi. Una malattia che ovviamente ha limitato le sue forze, ma certo non la sua comprensione del calcio, infatti non si può dire che questo sia un esonero per demeriti sportivi, anche se dietro all’ottimo momento di Arnautovic si è finora visto davvero poco, ma un cambio per voltare pagina senza più equivoci. I 3 pareggi e le 2 sconfitte, peraltro contro Lazio e Milan, nelle prime 5 partite di campionato hanno contato meno della volontà di liberarsi del personaggio Mihajlovic. Il cui Bologna difficilmente farebbe meglio, anche con Guardiola, Ancelotti e Klopp insieme in panchina. Di certo gran parte del calciomercato estivo è stato fatto senza consultare Mihajlovic, che in alcuni casi (come ad esempio Posch) ha ammesso di non conoscere i giocatori acquistati. Fra i tanti esoneri annunciati di questa stagione è quindi arrivato per primo il più annunciato di tutti. A vederla in positivo, anche se non è che per il sesto esonero (il secondo al Bologna) in carriera si possa esultare, adesso il 53enne Mihajlovic avrà il tempo per riposarsi, guarire al 100% e ripartire in un contesto che gli dia fiducia totale.