Gli otto gol, ma soprattutto il modo in cui sono arrivati, di Lazio-Udinese avranno di sicuro fatto rivoltare nella tomba, o dove si trova adesso (è morto nel 1992) Gianni Brera, che riteneva lo zero a zero il risultato perfetto. Non perché odiasse i gol, ma perché il loro basso numero è indice di una buona organizzazione o comunque di equilibrio. Ecco, all’Olimpico non si è certo assistito ad un clinic tattico, in particolare da parte della squadra di Sarri, che ha ribaltato l’1-3 grazie soprattutto ad una reazione nervosa ed ai colpi dei dei suoi giocatori (fantastico il gol di Milinkovic). Ma tutti i gol subiti, tranne forse il primo di Beto, hanno dimostrato che in casa biancoceleste i lavori sono ancora in corso, o che devono ancora iniziare.
Al di là dei contropiede subiti, che giocando così alti ci possono stare, imbarazzante lo schieramento della Lazio in occasione del calcio di punizione con cui Arslan ha segnato il 4-4 definitivo: raramente in serie A si è visto, in una situazione del genere, tirare con dieci metri di spazio. Il nono posto in classifica, a 9 punti dalla zona Champions League, è figlio di un’identità sarriana che ancora manca e di una difesa da zona retrocessione: 29 gol subiti, soltanto Spezia e Salernitana ne hanno subiti di più. Difficile spiegare tutto con le colpe dei singoli, anche se Patric e a dirla tutta anche Reina sono stati i peggiori in campo.
Una grossa impressione ha destato Isaac Success, che non si può definire un colpo di mercato dell’Udinese (arriva dal Watford, sempre dei Pozzo) ma che alla sua terza partita da titolare per Gotti ha mostrato qualità tecniche con diversi assist a Beto e soprattutto un pressing senza sosta, da attaccante moderno. Facile che il con il venticinquenne nigeriano l’Udinese realizzi una grande plusvalenza, di quelle vere.
Il 2-2 di Torino-Empoli è spiegabile in gran parte con l’espulsione di Singo al 32’, con la squadra di Juric avanti 2-0 ed in totale controllo della partita. Chiaramente con un uomo in più una squadra organizzata come quella di Andreazzoli ha potuto in un’ora raddrizzare la situazione, facilitato da una mossa di Juric, che nel finale di primo tempo ha tolto un Pjaca assatanato (il suo gol molto simile a quello di Baggio in Italia-Bulgaria, semifinale mondiale ’94). Scelta tatticamente giusta, Vojvoda, per tamponare la fascia destra, ma certo ad uscire non avrebbe dovuto essere il croato di proprietà della Juventus. Juric è uno dei tecnici più amati dalla critica e anche dal pubblico, ma la rosa del Torino del fischiatissimo Cairo vale molto più del tredicesimo posto.