Il rigore con cui Andrea Belotti ha sbloccato la delicata partita di qualificazione mondiale contro la Bulgaria ha consolidato la sua sua posizione di capocannoniere dell’Italia nell’era Mancini in Nazionale, iniziata quasi 3 anni fa, nel maggio 2018. Il centravanti del Torino con 7 gol totali è infatti davanti a Jorginho, Immobile e Barella, tutti a quota 4. Non si tratta soltanto di una delle tante statistiche inutili e spesso da asteriscare perché l’attribuzione di certi gol è dubbia, ma dell’ufficializzazione del fatto che questa Italia ha tantissimi giocatori nella stessa fascia di valore: chi più bravo, chi meno, ma non c’è un solo giocatore che sembri insostituibile. La convocazioni monstre hanno portato a Mancini tanta simpatia, perché quasi chiunque pensa di essere in corsa per l’Europeo o il Mondiale, ma certo è la prima volta nella storia della nazionale azzurra che si vede una situazione del genere. Comunque il fatto che in 27 partite l’Italia di Mancini abbia avuto 27 marcatori diversi può essere visto anche in positivo: significa che questa squadra vede la porta avversaria anche cambiando formazione. Ma tornando ai giocatori impiegati, si può ricordare che in 9 anni da commissario tecnico, dal 1977 al 1986, Enzo Bearzot impiegò in totale 65 giocatori, Tardelli il più presente con 81 presenze, e di questi andarono a segno in 26: primo marcatore di quell’Italia Graziani con 23 gol, davanti a Paolo Rossi e Bettega. Marcello Lippi, se vogliamo restringere il discorso a campioni del mondo, nei suoi quattro anni totali con l’Italia, in 56 partite impiegò 95 giocatori e di questi furono 27 a segnare almeno un gol, capocannoniere lippiano Gilardino con 15. Mancini ha finora impiegato 67 giocatori, dei quali appunto 27 hanno segnato, quindi come filosofia di convocazione è senz’altro più vicino a Lippi che a Bearzot.