Home

Calcio

Calcio Internazionale

Formula 1

Basket

Altri Sport

Personaggi

Guerin Sportivo

LIVE

Van Basten e il calcio senza fuorigioco

LEGGI TUTTO
Marco van Basten ci ha ricordato che nel mondo del calcio ci sono vari tabù e fra questi uno dei più inspiegabili è la possibile abolizione del fuorigioco. Temuta dagli allenatori che perderebbero importanza in favore di un calcio più centrato sui giocatori, dagli arbitri che perderebbero potere (anche quello mediato dalla tecnologia presente e prossima ventura), dai dirigenti che non potrebbero più direzionare campionati e coppe secondo il vento politico del momento. Posizioni conservatrici comprensibili, come quella di molti calciatori (specialmente difensori) e spettatori attaccati a un passato meraviglioso in realtà mai esistito. Van Basten non  è soltanto Van Basten, ma anche uno degli uomini scelti da Infantino per rinnovare le regole del calcio: per adesso quella sul fuorigioco appare una sua posizione personale, ma nella politica sportiva ci vuole sempre qualcuno che butti il sasso su mandato di chi poi effettivamente cambierà le cose. L'abolizione totale del fuorigioco avrebbe sul gioco molti effetti, che possiamo valutare soltanto sulla carta: squadre più allungate, specializzazione estrema dei ruoli, maggiore importanza dei giocatori tecnici ed in ogni caso di quelli migliori nell'uno contro uno. Forse anche più gol, ma non crediamo tanti di più. Di sicuro renderebbe controproducenti tattiche ostruzionistiche, faciliterebbe il lavoro degli arbitri e renderebbe più serene le tifoserie che vedrebbero meno complotti. Senza contare l'aspetto commerciale di tutta la vicenda: il fuorigioco è incomprensibile non soltanto alla moglie o alla fidanzata media, ma anche in tanti nuovi mercati del calcio. E non è vero che non abbia mai subito mutazioni strutturali. Alla nascita del calcio moderno, quindi parliamo del 1863 e non delle Sheffield Rules, il fuorigioco era esattamente come quello del rugby che conosciamo oggi: qualsiasi passaggio in avanti era proibito. Regola ovviamente cambiata subito, a causa della quasi impossibilità di segnare. Passaggi in avanti consentiti, ma a patto che fra il passatore e la linea di porta avversaria ci fossero almeno quattro avversari. Bene nell'immediato, poi anche con i quattro il tatticismo iniziò a trionfare e si passo alla necessità di almeno tre difendenti perché il passaggio in avanti fosse considerato regolare (senza addentrarsi in discorsi su attivo-passivo, al di là dei cervellotici sottocasi attuali). Altra grande svolta nel 1907, con la sanzionabilità applicata soltanto nel caso il ricevente partisse dalla sua metà campo. La svolta grandissima è del 1925, con i due difensori necessari per tenere in gioco la squadra offensiva, che con tutti gli aggiustamenti, interpretazioni, circolari IFAB e altro è arrivata quasi ai giorni nostri. Questa innovazione è collegata da molti alla nascita del WM, cioè dell'arretramento di un mediano sulla linea dei terzini, ma la storia dice che per tutti gli anni Trenta il Metodo (con relativo centromediano, appunto metodista) fu lo schema dominante, dall'Italia di Pozzo in giù. Di abolizione del fuorigioco si è tornati a parlare negli anni Sessanta pensando al durissimo Estudiantes di Zubeldìa, nei Settanta quando diverse squadre ne hanno fatto un uso sistematico soprattutto in Belgio, e negli Ottanta quando per la prima volta lo usò in maniera massiccia una grande europea come il Milan di Sacchi. Tanti gli esperimenti fatti in tornei giovanili o campionati minori, anche soltanto per limitare l'area di applicazione della regola, ma è ovvio che l'abolizione sarebbe un'altra cosa. Significherebbe un altro calcio: più facile da giocare, da arbitrare e da capire.