L’immagine della NBA è ancora una volta infangata da uno scandalo con la centro le scommesse, anche se mentre scriviamo queste righe non è ancora chiaro quali e quante partite siano state aggiustate da un’organizzazione gestita da diverse famiglie mafiose di New York (di chiara origine italiana, per dirla alla Pizzul), con il coinvolgimento più o meno attivo di allenatori e atleti. Uno scandalo che coinvolge nomi noti come quelli di Terry Rozier, Chauncey Billups e Damon Jones, e altri coperti. Uno scandalo in cui si mescolano insider trading sportivo, app di scommesse e partite di poker truccate.
23 marzo 2023, New Orleans. Terry Rozier, allora guardia titolare dei Charlotte Hornets (oggi è negli Heat di Spoelstra e Fontecchio), lascia il campo dopo soli 10 minuti di gioco. L’ufficialità parla di "fastidio al piede", ma secondo i procuratori federali quella fu la mossa chiave di un piano di insider trading. In pratica Rozier avrebbe informato un suo amico della sua uscita dopo poco dal campo, permettendo a lui e ad altri di piazzare scommesse per centinaia di migliaia di dollari sulla sua sotto-performance. Arrestato ieri in Florida, Rozier è stato accusato di frode telematica e cospirazione per riciclaggio di denaro, e la NBA lo ha immediatamente sospeso.
Al di là di Rozier, le incriminazioni coinvolgono decine di persone e si dividono in due filoni distinti, seguiti da FBI e dalla polizia di New York. In quello che più ci interessa, cioè le scommesse sulla NBA, si accusano Rozier e altri cinque imputati di aver usato informazioni riservate su atleti e squadre per manipolare scommesse tra dicembre 2022 e marzo 2024. Scommesse quasi tutte sulle perfomance individuali, più che sul risultato delle partite. Scommesse negli ultimi tempi dilaganti, visto che ormai sono legali in 38 dei 50 stati USA. Da sottolineare, per chi non conosce questo mondo, che per piazzare una scommessa ci deve essere qualcuno disposto ad accettarla, come scelta e come importo. In qualche modo, quindi, l'evento deve essere credibile.
La NBA, con la stagione appena iniziata, entra anche nel secondo filone, quello sul poker illegale, con decine di imputati, fra cui Chauncey Billups, oggi allenatore dei Blazers, accusati di partecipare o indurre a partecipare a partite di poker organizzate da famiglie mafiose come Bonanno, Gambino, Lucchese e Genovese. Partite truccate, con i polli della situazione alleggeriti di milioni di dollari. In entrambi i floni entra Damon Jones, che attirava giocatori ai tavoli da poker dei mafiosi ma era attivo anche nel consigliare scommesse su partite NBA: per un Lakers-Bucks, ad esempio, predisse ai suoi ‘amici’ l’assenza di LeBron James per infortunio. Non significa che LBJ fosse d’accordo, ma soltanto che Jones, ex compagno e anche assistente allenatore di James a Cleveland, come tanti altri addetti ai lavori aveva accesso a notizie riservate.
Questi finora i fatti, cioè le accuse, in attesa di ulteriori sviluppi. Ma un commento si può fare senza aspettare ulteriori accertamenti. Il problema della NBA non sono le partite truccate a livello di risultato, perché per truccare una partita bisogna essere d’accordo in tanti (per lo meno metà della squadra che ‘decide’ di perdere) e non è conveniente, ma tutte queste sottosituazioni (banalmente under/over di punti individuali, ma anche di rimbalzi, falli, eccetera) che vengono quotate e possono essere facilmente aggiustate dai singoli o da pochi. Nella stagione regolare, con 82 partite per squadra compresse in sei mesi, partite in almeno metà dei casi inutili (il 100% che per squadre che ‘tankano’, cioè perdono apposta per avere più chance al draft), la tentazione è forte anche per chi non avrebbe in teoria bisogno di soldi. E tutto avviene in una lega che, come altre leghe professionistiche, ha come partner commerciali aziende di scommesse (nel caso NBA sono FanDuel e DraftKings), cosa che di per sè non sarebbe negativa visto che i bookmaker dall'ìnsider trading sono penalizzati.
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