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Una serie A da multare (Guerin Basket)

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Basket Serie A - Ci si avvicina al rush finale e molte squadre all’improvviso si trovano a fare i conti e a misurare la distanza tra la situazione reale e gli obbiettivi. I tanto sbandierati “progettiestivi in molti casi devono essere rivisti, se non stralciati. Tutti sono sotto esame, pagano allenatori e giocatori, per i quali il mercato è sempre aperto. Giocatori per lo più di medio livello, provenienti, se va bene, dalla D-League americana o da qualche campionato dell’Est Europa se non del Centro America o dalla Cina. Si tratta di giocatori che arrivano fanno un paio di allenamenti e iniziano a giocare, per poi essere tagliati (se non vanno bene) o andare in altra squadra (se vanno troppo bene). Questi continui rimescolamenti di carte portano da una parte disaffezione nel pubblico, che spesso non sa neanche i nomi degli atleti che vestono la maglia di casa e dall’altra, e dall’altra l’impossibilità di costruire un minimo di futuro, a due se non addirittura a tre anni. Molte panchine sono diventate bollenti, qualche allenatore salterà, ma fa pensare che nessuno tra Sacchetti, Banchi, Pianigiani e Blatt - allenatori che hanno vinto gli ultimi 10 scudetti - stia allenando in serie A. Torino Revolution. A Torino tira aria di cambiamenti. Si parte dal modulo: si vuol passare dal 5+5 al 3+4+5, numeri che significano che la società tornerà sul mercato investendo su giocatori stranieri, abbandonando l’idea di una squadra composta per metà da italiani. Vuol dire che non ci sono italiani buoni? Probabilmente significa che ci sono disponibili più giocatori stranieri, comunitari e non italiani. Nel cambiamento sono coinvolti anche Dawkins e Miller (tagliati) e Mancinelli (sotto accusa), mentre dovrebbe anticipare il rientro Dyson, che pare aver recuperato i traumi della rissa post discoteca del mese scorso. Riassumendo: coach nuovo e squadra ricostruita per salvarsi a fine anno, ma oltre questo c’è un progetto? Una visione? Un’idea? O a maggio si ricomincia tutto da capo? Sassari Revolution. Sardara, analizzando la situazione di Sassari, mette un solo punto fermo: il coach è la guida tecnica del futuro, includendo Calvani in un progetto che si pone degli obiettivi per l’anno in corso (partecipare ai playoff) e per gli anni a venire. Intanto, però, la squadra è stata rivoluzionata, e dopo l’uscita di Haynes e l’invito a chiunque non voglia restare alla Dinamo ad accomodarsi alla porta, fa notizia il ritorno di Kadji, eroe dello scorso anno, approdato a Brindisi e rientrato a Sassari quando stava per firmare con Cantù. Contenti i tifosi, contento il giocatore, l’allenatore e anche il presidente: forse però sarebbe stato meglio non farlo andare via in estate. Bologna Revolution? Basciano, il presidente della fondazione Virtus, proprio non ha digerito (e c’è da capirlo) l’atteggiamento dei suoi in quel di Capo d’Orlando e minaccia tuoni e fulmini se la partita con Pesaro dovesse andare male. A farne le spese coach Valli, ma non solo. Un’ultima spiaggia da difendere, pena la rivoluzione, quella prospettata dal presidente, che pone una fiducia a tempo ai suoi e che fa capire di non voler competere per la salvezza. Forse dopo i playoff dello scorso anno, arrivati a sorpresa, ottenuti salvaguardando il bilancio, ci si era un po’ illusi, ma si sa: le sorprese sono tali una volta sola, e forse per questa stagione, la fondazione, che ha passato più tempo a risolvere (ma neanche tanto) i dissidi tra i suoi membri che a pensare al campionato, avrebbe dovuto progettare qualcosa di più solido. Caserta Revolution. Iavazzi rimane a Caserta come unico proprietario, acquisendo anche le quote di Barbagalli. Che tra i due non fosse amore si era sempre saputo e che la Juve sarebbe finita a uno o all’altro anche. Barbagallo esce dicendosi però pronto a raccogliere nuovamente il testimone nel caso in cui la squadra dovesse retrocedere o l’attuale proprietà non avesse le disponibilità economiche per continuare. I tifosi fanno i dovuti scongiuri e attendono le dichiarazioni dei due, pensando che mai come in questo caso, l’unione fa (farebbe) la forza e magari darebbe anche qualche prospettiva in più. Contest striscioni a Bologna. I tifosi organizzati della Virtus Bologna stanno esponendo ad Arcoveggio degli striscioni per i propri beniamini. Ha iniziato il “Vecchio Stile” con un evergreen: “ora basta… vergognatevi” cui hanno risposto i “Boys 1979” con un più strutturato: “E’ finito il tempo del perdono – E’ arrivato il tempo del giudizio”. Che facciano bene o male non si può dire, arriveranno altri striscioni con citazioni bibliche, Tolkieniane, etc? Di certo però i tifosi vogliono una reazione, senza dimenticare che la squadra in questo momento ha bisogno di sostegno, e tanto. Pistoia mia, quanto mi costi! Nell’ultimo week end Pistoia ha collezionato la multa più alta della serie A (per questa stagione e fino adesso) a seguito di fatti di gioco: 12.000 Euro perché a fine partita Iozzelli (DG di Pistoia), e altre persone non tesserate, hanno invaso il tunnel che collega il campo di gioco agli spogliatoi e hanno bloccato gli arbitri protestando e ritardandone l’accesso al proprio spogliatoio. A completare la cosa, un’ammenda, perché l’apparecchio che conta i 24 secondi non era sincronizzato con la luce dietro il tabellone dei canestri (una cosetta da niente) e una multa di “soli” 1.000 Euro per offese collettive del pubblico verso gli arbitri. La faccenda mostra in pieno quanto dilettantistico sia il nostro massimo campionato di basket. La Federazione vieta, ma poi permette e avvalla che si compiano infrazioni e si infrangano divieti dietro il pagamento di multe più o meno onerose. Se esiste un divieto, vuol dire che una cosa non deve essere fatta, altrimenti non si gioca. Se la sicurezza di chi sta in campo non è tutelata, allora non si deve giocare. Se non vengono rispettati gli atleti, allora non si deve giocare. Se la panchina avversaria è fatta oggetto di lanci di palle di carta, monete, accendini, mazze di tamburo (capita), sputi, la partita non si deve giocare. Solo così si responsabilizzano le società e i loro tifosi. Non sono e non possono essere le multe a lavare via gli sputi ricevuti da arbitri e giocatori, anche perché non sono loro che le intascano. Dall’altra parte abbiamo dirigenti che poco tollerano le sconfitte e che appena possono, saltano la sicurezza (il più delle volte messa in piedi da loro) e vanno a fare la voce grossa con gli arbitri “tanto poi pago”. Il professionismo, tanto sbandierato, assieme a codici etici e richiami alla correttezza, passa da qui. Anzi: parte da qui, prima o poi.   @luigi_ceccon