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Juventus, per Allegri sei su sei e Nazionale

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Su sei partecipazioni alla Champions League sei passaggi alla fase ad eliminazione diretta, la statistica di Massimiliano Allegri nelle ultime sei stagioni non è davvero male se si pensa che in questi anni dalle migliori sedici sono rimaste fuori, fermandosi al girone, a volte squadre che all'inizio del torneo erano date fra le favorite, come Manchester City (due volte), Manchester United, Chelsea, Liverpool e la stessa Juventus di Conte. Allegri è riuscito nell'impresa due volte con un Milan buono, quello di Ibrahimovic e Thiago Silva, due volte con un Milan paragonabile a quello attuale e due volte con due Juventus di valore diverso fra di loro. Senza contare la vittoria finale sfiorata facendo tremare il Barcellona che di solito le squadre non soltanto italiane le asfalta... Non capiremo mai la sottovalutazione di questo allenatore, fino a un mese e rotti fa lasciato linciare mediaticamente dal suo stesso club, perché non avrebbe compreso come valorizzare Dybala (la risposta l'ha data poi l'argentino), ma non la capiscono nemmeno Tavecchio e i suoi danti causa visto che l'unica telefonata di sondaggio partita per il dopo-Conte sembra, così risulta al Guerino, sia stata fatta al numero di Allegri. E poi adesso con le caselle di Milan e Roma per un posto e mezzo libere... Allegri sarebbe il perfetto muro di gomma per l'azzurro, al di là della tattica che ovviamente giornalisti, impiegati e pizzaioli conoscono meglio di lui in ogni piega. Ieri contro il Manchester City è tornato alla difesa a tre dopo quattro partite di difesa a quattro, peraltro con due tipi di attacco diversi: il giornalista collettivo potrebbe sostenere che Allegri non ha le idee chiare. 2. Molti presidenti di nostri club, sia simpatizzanti che antipatizzanti, sostengono che Infront sia il vero padrone del calcio italiano e non soltanto per i motivi più evidenti, come la gestione dei diritti televisivi e il suo ruolo di advisor sia della Lega che della FIGC. Se ne potrebbe discutere, mentre non è discutibile chi sia il padrone di Infront, cioè i cinesi di Dalian Wanda che hanno il 68% dell'azienda e adesso hanno annunciato che la vecchia Infront confluirà in una nuova società che si chiamerà Wanda Sports Holding. In pratica non cambierà niente, visto che numero rimarrà Blatter nipote (in Italia sempre Bogarelli), ma si ufficializza che un'entità decisiva per lo sport mondale, europeo e italiano è nelle mani di un gruppo cinese formalmente privato ma in realtà legatissimo al partito unico (anche se per salvare la forma ce ne sono diversi) cinese, al punto che il suo proprietario Wang Jianlin è un deputato e che qualche anno fa il New York Times ha rivelato che fra gli azionisti di Wanda c'erano parenti del presidente Xi Jinping. Poi alla maggioranza importa soltanto se quel gol era in fuorigioco o se nell'azione del rigore il braccio era attaccato al corpo, ma anche depurata da questioni religiose e culturali la situazione sta prendendo una bruttissima piega. 3. I diritti di immagine sono da anni il principale espediente per sottrarre i propri guadagni agli occhi del Fisco, un po' in tutti gli sport e spesso con escamotage grotteschi visto che ad avere un'immagine spendibile sul mercato pubblicitario sono in pochissimi. Fra questi senz'altro Kakà, che era  finito sotto processo per infedele dichiarazione dei redditi in tre anni in cui giocava nel Milan. Ecco, Kakà è stato assolto perché il fatto non sussiste, come senz'altro in molti avranno letto. Per una ragione semplice e condivisibile: lui un'immagine ce l'ha e quindi la società esterna che gestiva i suoi diritti non era la solita società farlocca messa in piedi ad hoc. Parliamo però soltanto di giustizia penale, perché dal punto di vista tributario Kakà i due milioni di evasione contestati li ha poi versati all'Agenzia delle Entrate. E quindi? Chi si chiede perché nel calcio, ma soprattutto nei cosiddetti 'sport minori' (in Italia tutti gli altri) non ci siano più i begli sponsor di una volta, o per lo meno non ci siano nelle stesse proporzioni di una volta. L'economia italiana ha qualche problema, certo, ma il punto è che a livello professionistico è sempre più difficile far sparire soldi attraverso lo sport. Mentre scendendo di categoria, con la contabilità semplificata, con cifre più piccole si può ancora combinare qualcosa. Come in altri ambiti, non contano le leggi ma la volontà politica di applicarle.  Twitter @StefanoOlivari