Nemmeno contro i terroristi islamici la Francia è stata così compatta come contro
Zlatan Ibrahimovic, reo di avere mormorato 'Paese di merda' non durante un'intervista ufficiale ma alla fine di Bordeaux-PSG mentre stava litigando con mezzo mondo dopo gli errori (ma più che altro il metro di giudizio, vedendo la partita) arbitrali che in Ligue 1 stanno diventano una consuetudine contro una squadra che non c'entra letteralmente niente con il resto del campionato. Curioso è che le frasi incriminate Ibra le abbia dette a un guardalinee, uscendo dal campo e in inglese: "In 15 years I've never seen a referee in this shit country. It doesn't even deserve PSG". Fra il definire la Francia tutta in un certo modo e l'attaccare gli arbitri usando un linguaggio da spogliatoio, peraltro in inglese (Ibra in due anni e mezzo non ha ufficialmente imparato il francese, anche se il sospetto è che si comporti come a suo tempo con l'italiano, cioè fingere di non capirlo per avere meno rogne), c'è un mondo di differenza e non è così difficile da capire. Ma Ibra è senza maglia e senza bandiera, appartiene soltanto a se stesso e lo dice senza la retorica del bravo ragazzo (lui che poi bravo lo è davvero, caccia a parte, per chi conosce il suo privato: in una vita è andato in discoteca meno volte di quanto ci vada in un mese una riserva della Roma), per questo è destabilizzante anche per una classe come quella giornalistica, che lui disprezza avendo l'onestà (al contrario del 90% dei suoi colleghi, attaccanti a quel 6 in pagella) di dirlo. Le scuse-non scuse, imposte dal PSG, sono state soltanto un ribadire l'ovvio, cioè di avere usato un linguaggio pesante per attaccare l'arbitraggio e non certo la Francia. Nessuno scenderà in piazza per Ibra, mentre ci sono state manifestazioni in favore di taroccatori di partite, di delinquenti e bancarottieri, commentatori e politici lo sanno e si comportano di conseguenza.
Twitter @StefanoOlivari