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Il ritiro di Riquelme

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Juan Riquelme dice stop. Si ritira dai campi di gioco uno dei calciatori più amati d’Argentina e del Sudamerica, una delle poche stelle che ha preferito consacrarsi in patria e non in Europa. Cinque anni nel nostro continente, in realtà, Riquelme li ha passati. Uno a Barcellona, poco esaltante a dire il vero, alla corte di Van Gaal - uomo spesso allergico ai campioni latini e ai calciatori estrosi e ribelli - e quattro stagioni nella più tranquilla Villarreal, negli anni d’oro della storia del “sottomarino giallo”, quando il tecnico cileno Manuel Pellegrini gli consegnò le chiavi della squadra, riuscendo a trovare un equilibrio dalla sua ritrosia al sacrificio e ai lampi di genio sprizzati dalla sua classe. Quel Villarreal arrivò terzo nella Liga 2004-05 e si qualificò per la Champions League dell’anno seguente dove si arrampicò fino alle semifinali. Un piccolo miracolo per un club abituato fino a quel momento a stazionare nei bassi fondi della classifica. Riquelme trascinò gli spagnoli, ma proprio lui sbagliò un rigore nella semifinale contro l’Arsenal. Sfumò la possibilità di contendere la finale proprio al Barcellona, destinato a vincere il trofeo. Detto di Barça e Villarreal, la storia di Riquelme coincide quasi interamente con quella degli ultimi quindici-vent’anni del Boca Juniors, club con cui ha vinto in due riprese, cinque campionati (gli Apertura del 1998, del 2000, del 2008 e del 2011 e il Clausura del 1999), tre Coppe Libertadores (2000, 2001 e 2007) e un’Intercontinentale (2000). “Per me esiste solo quella maglia”, ha dichiarato El Mudo, un idolo intoccabile alla Bombonera, dove non sono mai mancati i riferimenti con l’altro pupillo di casa, Diego Armando Maradona: talento puro, il numero “diez” sulla maglia, la provenienza comune dall’Argentinos Juniors e il passaggio al Barcellona. Passaggi-fotocopia, anche se il tempo e le bacheche daranno ragione a Diego. In nazionale Riquelme ha convinto solo a tratti. Uno di questi è nella Copa América del 2007, quando trascinò l’Albiceleste in finale. A Maracaibo (Venezuela), l’avventura dei ragazzi di Basile finì con uno 0-3 contro i rivali del Brasile e proprio un brasiliano, Robinho, si piazzò davanti a Riquelme nella classifica marcatori, con una lunghezza di vantaggio. Il massimo con la maglia della nazionale, Riquelme lo ha ottenuto a livello giovanile: nel 1997 conquistò il Sudamericano e il Mondiale, e nel 2008 ha conquistato l’oro olimpico ai giochi di Pechino, ovviamente da fuori-quota (gli altri due erano Mascherano e Pareja), in una formazione stellare che comprendeva Messi, Agüero, Zabaleta, Di Maria e Lavezzi. Il grande cruccio è rappresentato dal Mondiale. Un rapporto difficile con i Ct argentini che si sono succeduti gli ha permesso di disputarne soltanto uno, quello del 2006 in Germania. Il tecnico era Pekerman, lo stesso del Mondiale Under 20: finì con un’eliminazione ai rigori ai quarti di finale, proprio con i tedeschi. Tecnica leggiadra e visione di gioco a tutto tondo, caratteristiche uniche di un trequartista classico: “Riquelme pensa tre possibili giocate ogni volta e sceglie sempre la migliore”, dirà di lui Pellegrini. Ma la frase che caratterizza meglio il personaggio rimane quella (famosissima) di Jorge Valdano: “Chiunque, dovendo andare da un punto A a un punto B, sceglierebbe un’autostrada a quattro corsie impiegando due ore. Chiunque tranne Riquelme, che ce ne metterebbe sei utilizzando una tortuosa strada panoramica, ma riempiendovi gli occhi di paesaggi meravigliosi”. Lui stesso diceva di sé: “Il mio compito è quello di fare in modo che i compagni riescano sempre a darmi la palla”. Indolente, sregolato, geniale. Riquelme. Giovanni Del Bianco