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Ciao Italia, addio Prandelli e Abete

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L'Italia esce tristemente e un po' istericamente dal Mondiale al primo turno, dopo la disfatta contro il Costarica e senza avere fatto un solo tiro in porta contro l'Uruguay. Esce l'Italia e saluta Cesare Prandelli, che si è dimesso prendendosi le responsabilità del fallimento e spiegando di avere, fra le altre cose, mal tollerato le critiche in seguito al prolungamento del contratto. Saluta anche il presidente federale Abete, che ha annunciato le sue dimissioni irrevocabili, anche lui prendendosela con le critiche. Vedremo se tutto questo sarà davvero irrevocabile… Scriviamo pochi minuti dopo il fischio finale del messicano Rodriguez, sull'onda delle emozioni negative, rimandando l'analisi del futuro azzurro e anche dello stesso Prandelli visto che non mancherà il tempo per farle. Prima che inizi il circo mediatico contro l'arbitro, che in realtà è già iniziato e presumibilmente proseguirà per qualche anno (morto un Moreno se ne fa un altro), bisogna dire che l'esagerata espulsione di Marchisio (un fallo da 'arancione', stupido finché si vuole ma non da rosso) è arrivata dopo la mancata concessione di un rigore all'Uruguay per fallo di Bonucci su Cavani. Prima che ogni schema, mentale e tattico, saltasse c'erano stati qualche occasione per l'Uruguay (Lodeiro e Rodriguez) e nessun tiro per gli azzurri: la coppia Balotelli-Immobile non ha funzionato, per colpa più di Balotelli (bene ha fatto Prandelli a lasciarlo negli spogliatoi, perché era ai confini dell'espulsione, ma Parolo invece di una punta è stato un segnale di remissività) che di Immobile, mentre la difesa a 5 è stata decente ma non buona: sul gol un clamoroso errore di poszionamento proprio sul saltatore più pericoloso del mondo, cioè Godin. La scelta di copiare il reparto arretrato juventino è stata comunque giusta anche con il senno di poi, ricordando il Costarica. Buffon, rientrato in maniera non impeccabile contro il Costarica, a Natal ha tirato fuori una prodezza su Suarez e tante uscite sicure. Pirlo e soprattutto Verratti hanno fatto una buona partita, Darmian e De Sciglio sono stati troppo da compitino, nessuno comunque aveva quella scintilla necessaria per evitare quello che Buffon ha giustamente definito un fallimento, prima di prendersela in maniera un po' vile con i più giovani (senza nominarli, anche se aveva sulla lingua il nome del solito Balotelli). Significativo che 6 titolari degli 11 di Natal fossero della Juventus che stradomina in Italia (ma esce al primo turno in Champions League), mentre nessuno degli altri 5 ha più di 25 anni (giocando in Milan, Paris Saint-Germain e Borussia Dortmund, non proprio Cremonese o Vigor Lamezia). Problemi fisici, giocatori finiti? Non scherziamo. In sintesi: fino a quando la partita non è entrata in modalità battaglia l'Italia non ha fatto niente e ha tirato a portarsi a casa un onesto zero a zero, rischiando anche. Poi l'Uruguay è comunque apparso più tonico e deciso, anche troppo (il morso di Suarez a Chiellini era da espulsione secca, possibile ma non probabile che il Mondiale della stella uruguaiana finisca con la prova tv), con l'Italia in dieci ma comunque sulle ginocchia. Tabarez ha preparato la classica partita uruguaiana, pur essendo dalla classifica obbligato a vincere: nessun assalto, tanta accortezza (e un modulo speculare a quello dell'Italia), tutti a lottare aspettando le fiammate delle stelle: Suarez ma anche un Cavani molto arretrato. Conclusione? I giocatori hanno dato tutto, ma sono stati fisicamente preparati male e tatticamente Prandelli li ha mandati in stato confusionale rivedendo idee portate avanti per 4 anni e cambiandole 3 volte in 3 partite. Non è che 4 anni di lavoro possano essere stati distrutti dalla mancanza di Montolivo, con tutto il rispetto. Di certo il calcio italiano non è inferiore a quello uruguaiano e a quello costaricense, assurdo trarre conclusioni cosmiche da un Mondiale giocato male dopo un ottimo Europeo e una buona Confederations Cup. Però, appunto, usciamo male da un Mondiale giocato male. Twitter @StefanoOlivari