C’è stato un anno in cui le gerarchie del calcio italiano si sono completamente rovesciate. Un anno in cui per la prima volta il trono di capitale del pallone è stato occupato dalla città di Genova. La stagione 1990-91 resterà nella memoria di tutti come quella del grande ribaltone, una parentesi breve ma fantastica, con le metropoli costrette ad ammirare la Lanterna, luminosa e splendente come non mai.
La Sampdoria di Paolo Mantovani e Boskov, guidata in campo dal tandem Vialli – Mancini, si aggiudica lo scudetto, il primo storico titolo dei blucerchiati, dall’altra parte della città però, il popolo del Grifone celebra un quarto posto inimmaginabile e la qualificazione alla coppa Uefa, la prima volta dei rossoblù in Europa. Il giocattolo meraviglioso di Bagnoli è esaltato da due giocatori, due stranieri in grado di spaventare le difese di tutto il campionato, un uruguaiano basso e guizzante, Carlos “Pato” Aguilera, ed un enorme centravanti cecoslovacco: Tomas Skuhravy.
Nasce in un paesino a 35 km da Praga e si affaccia al mondo del calcio giocando proprio nello Sparta, passa all’Union Cheb prima di tornare nel 1986 alla casa madre dove inizia a segnare con una regolarità impressionante, un gol ogni due partite. Skuhravy si afferma come nuovo bomber della Cecoslovacchia, vince 4 campionati di fila e si presenta al Mondiale del 1990 da atteso protagonista.
L’Italia è nel destino del centravanti e la sua nazionale si ritrova nel girone degli Azzurri. Segna due reti agli Stati Uniti e contribuisce al passaggio del turno della Cecoslovacchia che agli ottavi travolge 4-1 il Costa Rica ed il trascinatore è sempre lui. Tre reti per raggiungere i quarti dove Matthaeus e la Germania spezzano il sogno dei cecoslovacchi. Skuhravy però ha vinto il suo personalissimo mondiale con 5 gol e il titolo di vice capocannoniere dietro a Schillaci.
Il riconoscimento più grande lo riceve dal Genoa, la maglia rossoblù diventa la sua nuova casacca e la Serie A è pronta ad abbracciare il gigantesco bomber dai capelli lunghi, tutto potenza e spirito di sacrificio.
Il primo anno in Italia è strepitoso, 15 gol in 33 partite, e culmina con la folle cavalcata che porta il Grifone dritto in Europa. Il Genoa è un meccanismo perfetto: Bortolazzi è il geometra, Eranio galoppa sulla fascia, Ruotolo combatte in mezzo al campo, Branco colpisce con punizioni terrificanti e poi ci sono i due attaccanti che si intendono a meraviglia, Aguilera e Skuhravy. Sembrano fatti l’uno per l’altro, il primo corre e scappa via a tutti i difensori, il secondo domina gli spazi aerei con i suoi 193 cm, il sudamericano balla dopo ogni gol, il cecoslovacco si esibisce in scoordinate capriole come esultanza. Qualcuno scomoda parallelismi pesanti, la coppia genoana viene paragonata a quella formata da Charles e Sivori, resta il fatto che i due diventano la risposta a Vialli e Mancini.
Il sogno del Genoa sembra non finire mai e la corsa europea si esaurisce sul più bello, in semifinale contro l’Ajax dopo aver profanato anche Anfield Road.
Skuhravy continua a segnare, va praticamente sempre in doppia cifra, diventa idolo della Gradinata Nord e lega a doppio filo il suo nome con quello del Grifone, un aspetto quasi normale per uno nato lo stesso giorno della fondazione dei rossoblù, il 7 settembre. Nel 1995 finisce in B, dopo uno spareggio con il Padova perso ai rigori, cinque mesi fra i cadetti e passa allo Sporting Lisbona prima di chiudere la carriera al Viktoria Zizkov.
Skuhravy non è stato solo uno dei tanti centravanti del Genoa perché ancora oggi è il miglior marcatore rossoblù nei campionati di massima serie a girone unico con 57 reti, è stato il simbolo di una favola europea e ha formato una coppia terribile con il suo compagno di reparto.
È rimasto talmente tanto legato alla città ligure che oggi vive a Varazze, davanti a quello che è diventato il suo mare, collaborando con la Scuola Calcio Genoa Barabino e Partners, la sua passione, il suo vecchio amore sportivo.
di
Matteo Ciofi