Di tante storie sentite, seguite e approfondite nel corso di questi anni, una proprio mi è sempre sfuggita e rimasta avvolta nel mistero. Una storia che fece parecchio scalpore all’epoca e che ora pare cosa vecchia, dimenticata, lontana dalla ribalta: quella di Marco Bernacci. Eppure il trentenne attaccante cesenate è ancora in attività, segna e probabilmente si diverte anche, certamente di più di quando, in pratica all’apice della carriera o quasi, decise clamorosamente di ritirarsi dal calcio giocato.
Ma torniamo agli esordi, che lo videro impegnato nel Cesena, la squadra della sua città e del quale si è sempre apertamente professato super tifoso, giunto lì da una piccola società satellite, la stessa da cui provenne pure l’altro astro nascente del calcio giovanile dell’epoca, vincitore di un europeo under 21, Gianni Comandini.
Bernacci è un centravanti, magro e spilungone ma la “butta dentro”, è sempre presente in area, gode della stima di dirigenti e allenatori. Niente gavetta, debutta con la prima squadra, fa qualche apparizione a soli 18 anni e già dall’anno successivo incrementa il suo bottino di presenze e reti (21/4).
Poi arriva un tecnico rampante e ambizioso come Castori che, senza indugi, sin dal ritiro, decide di puntare forte su di lui come centravanti di uno splendido tridente, venendone ricambiato, visto che in tre anni porterà, a suon di gol e soprattutto prestazioni da leader offensivo, la squadra della sua città ai piani alti della B. A quel punto irrompe in scena l’ambizioso (pure troppo, vista la sfortunata esperienza a posteriori) Mantova di Lori che da un po’ mira alla serie A, dopo risalita prodigiosa dalle categorie inferiori.
Marco viene acquistato a peso d’oro e si guadagna un grande ingaggio per la B. La promozione tanto agognata però non arriva, Marco soffre forse la pressione o la relativa lontananza da casa, insomma, incide ma non come ci si aspettava e il Mantova lo cede per una cifra quasi identica all’Ascoli. Qui, una nuova impennata, probabilmente pure dettata dall’orgoglio ferito ma più semplicemente Bernacci riparte dal gol. Saranno ben 16 le reti messe a referto. Sembrano lontani i tempi di Mantova, che aveva lasciato polemicamente dopo attriti con mister Di Carlo e incomprensioni coi tifosi.
A questo punto i tempi sono davvero maturi per il gran salto, d’altronde in B Marco ormai è una stella di categoria, in grado di fare la differenza. Non senza polemiche passa al Bologna, società a cui si era riferito in precedenza dicendo che mai, da cesenate, avrebbe potuto giocare lì, come ad esempio nel Rimini che già rifiutò in passato.
Marco inizia da titolare, ma l’impatto è devastante: abulico, spaesato, quasi assente, per nulla combattivo. Una regressione sin troppo evidente e ci pare poco valido attribuire questo brusco calo di rendimento al pur impegnativo salto di categoria. Anno perso, con la soddisfazione effimera del primo e unico gol in Serie A.
Torna ad Ascoli in B dove, come per incanto, si risveglia, ritornando bomber implacabile: 15 gol senza rigori, tanta sostanza, tanta leadership in una squadra povera a livello di organico. Sempre sotto contratto col Bologna, giunge una nuova buona opportunità, a livello di piazza storica, quella del Torino.
Qui invece succede un fatto che sembra davvero inspiegabile, almeno visto da fuori, per chi ovviamente non conoscesse a fondo le reali motivazioni e lo stato d’animo del ragazzo.
Dopo la prima partita di campionato in maglia granata, Bernacci decide di ritirarsi, di lasciare (temporaneamente?) il mondo del calcio. Si provano a capire i reali motivi, ma poco trapela su di lui, solitamente già molto schivo e poco incline ad apparire in pubblico. Il Toro sapeva di avere per la mani un grande centravanti, lui era consapevole di potersi rilanciare, finalmente dimostrando le sue qualità in una squadra esigente, ricca di storia. O forse non lo era per niente e anzi aveva perso fiducia in sé stesso, nel calcio, e con esso aveva smarrito la voglia, la motivazione. Rinuncia allo stipendio, si ferma.
Trascorre un anno sabbatico e alla fine rompe gli indugi, decidendo di tornare a giocare ad alti livelli. Le squadre interessate non mancano, la spunta il Modena. Ma è un fuoco di paglia, non è pronto, gioca solo 14 spezzoni di partite, corredate da un gol. Del giovane vecchio bomber paiono perse le tracce, nemmeno a Livorno da gennaio lascia il segno, aggiungendo al risicato score 15 presenze e 2 gol.
Il resto è storia, torna al Bologna ma non ha difficoltà a rescindere un contratto che non lo avrebbe condotto da nessuna parte. E’ “finalmente” libero di giocarsi il futuro, di non farsi imporre scelte. Si accasa, stavolta sì, al Bellaria Igea Marina, ha solo 29 anni e il ritorno nella sua Romagna avviene in punta di piedi, in una squadra di giovanissimi e mestieranti che con dignità ambisce a una permanenza in lega pro seconda divisione, categoria che Marco non aveva mai disputato.
Anche grazie agli 8 gol, all’esperienza e a un rinnovato entusiasmo della sua stella, l’anno scorso per la squadra romagnola la missione è brillantemente riuscita.
Bernacci frattanto si è accordato per due anni con un’altra società di Seconda Divisione più ambiziosa, il Forlì, che in questo finale di stagione, sta giocandosi il tutto per tutto per guadagnarsi l’accesso al futuro campionato di Lega Pro Unica.
(A cura di
Gianni Gardon)