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L’arte di Simeone

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La stagione straordinaria dell'Atletico Madrid di Diego Simeone, che rischia di vincere la Liga e di andare ancora avanti in Champions dopo l'1-1 dell'andata con il Barcellona, ha un po' disorientato i cantori del fatturato che deve sempre aumentare (quello dell'Atletico è un quarto rispetto ai numeri di Real Madrid e Barcellona), dei diritti televisivi (guadagna di più la Lazio), degli stadi alla Allianz Arena (il Vicente Calderon ha quasi cinquant'anni), ma soprattutto quelli dell'allenatore che ormai non conta più niente. Uno vale l'altro, tanto decide tutto la società: non si dice così? Tranne quando la stagione è disastrosa, nel qual caso l'importanza dell'allenatore torna ad essere sottolineata. Un po' lo schema Ferrari: vince Montezemolo, perdono gli ingegneri o i direttori sportivi. Peccato che la rosa dell'Atletico, oltre ad essere molto limitata (Simeone è costretto a ruotare sempre gli stessi 13-14, l'assenza di Diego Costa nel ritorno con il Barcellona sarà una tragedia) sia formata quasi totalmente da giocatori che presi in considerazione due anni  dafa avremmo visto tranquillamente nel Bologna o nel Livorno. Una situazione normale per un club che in estate è stato costretto a vendere il suo miglior elemento, il colombiano Radamel Falcao, al Monaco per 60 milioni di euro, e che lo ha sostituito (pagandolo poco più di 5 milioni) con il declinante (ma non troppo, in campionato ha segnato 13 gol) David Villa. Courtois, in questo momento uno dei migliori portieri del mondo, è in prestito dal Chelsea da ormai tre stagioni. Juanfran è una ex promessa, Godin è un nazionale uruguaiano ma non ha mai avuto mercato, Miranda non rientrerebbe nemmeno fra i primi 100 difensori brasiliani, poi la formazione è ormai quasi una filastrocca con Filipe Luis, Koke, Gabi, Tiago, Arda Turan, Villa, Diego Costa. Tolto Villa, è tutta gente che prima di essere nelle mani di Simeone era considerata di seconda fascia. Non risulta che milioni di tifosi juventini rimpiangano Tiago o Diego, l'autore del gran gol al Camp Nou, o che al Real Madrid sognino il ritorno di Juanfran. Eppure quando nel dicembre 2011 è arrivato all'Atletico, sostituendo Manzano, Simeone ha lavorato con quello che gli hanno messo a disposizione e ha creato un piccolo miracolo. Vittoria in Europa League, battendo in finale l'Atletico Bilbao. Trionfo in Supercoppa, umiliando il Chelsea. Vittoria in Coppa del Rey, superando in finale il Real Madrid e chiudendo una striscia di 25 derby senza vittorie. Qualificazione per la Champions League. Simeone non ha grandi segreti tattici, visto che non va oltre il passaggio dal 4-4-2 al 4-5-1, ma sa convincere i suoi giocatori di essere all'altezza della situazione. Come tutti i grandissimi allenatori, di ogni sport. In altre parole, essere competenti non basta: i settori giovanili sono pieni di allenatori che tatticamente ne sanno come Mourinho o Guardiola. Bisogna anche che questa competenza venga ascoltata e recepita dai giocatori. È un'arte sottile, non per tutti.