Eusébio da Silva Ferreira (25/1/1942 - 5/1/2014)
Portogallo - attaccante
La prima stella internazionale a provenire dall’Africa, essendo nato in Mozambico, nel 1942 ancora colonia portoghese (l’indipendenza arriverà nel ‘75): la “Pantera nera” servì al meglio Portogallo e Benfica. Con il primo arrivò sul podio ai Mondiali d’Inghilterra del 1966, con il secondo conquistò la Coppa dei Campioni del 1962, l’ultima per il club di Lisbona, colpito poi dalla maledizione del suo allenatore , l’ungherese Béla Guttman (per Eusébio un grande maestro), che quando fu cacciato dalla squadra disse:
«Il Benfica senza di me non vincerà mai più una Coppa dei Campioni».
I primi passi da calciatore, li muove nel suo Mozambico, nel Lourenço Marques. L’italiano Ugo Amoretti, allenatore della squadra africana, lo propone invano a vari club italiani. La svolta arriva quando Carlos Bauer, allenatore della modesta squadra brasiliana del Ferroviario, si reca con i suoi ragazzi in Mozambico per una tournée. Nel corso di questa, Bauer nota Eusébio e si accorge di essere di fronte a un fuoriclasse assoluto: veloce e potente, tecnico e atletico, preciso e spietato. Prima di tornare in patria, Bauer si ferma a Lisbona per salutare il suo amico Guttman, al quale consiglia di non farsi scappare il ragazzo.
Guttman non se lo fa ripetere due volte e nel 1960, il diciottenne Eusébio da Silva Ferreira è arruolato dal Benfica, squadra in procinto di iniziare un ciclo irripetibile. A fine anno arriva la prima Coppa dei Campioni, vinta a Berna con un 3-2 sul Barcellona. Ma con quel trofeo Eusébio non c’entra nulla: il primo anno non lo passa in prima squadra e solo a fine stagione viene definitivamente registrato nella rosa delle Águias.
L’anno dopo, il Benfica fa il bis in Europa e questa volta, la “Pantera nera” è protagonista: nella finale di Amsterdam, i portoghesi sconfiggono 5-3 il Real Madrid, e il nostro, in campo con la divisa numero 8, segna i due gol decisivi (su rigore quello del 4-3, su azione quello del definitivo 5-3).
Gli anni Sessanta e Settanta portano trofei su trofei: Eusébio vince il campionato portoghese undici volte e in sette occasioni conquista lo scettro di capocannoniere.
Nel 1966, ecco la consacrazione internazionale: ai Mondiali è uno dei giocatori più attesi. Quando Pelé si fa male, la scena diventa tutta sua. Il Portogallo, debuttante, è trascinato dai suoi gol: ne segna uno alla Bulgaria e due al Brasile nella fase a gironi, quattro alla Corea del Nord nei quarti di finale (dove il Portogallo rimonta uno svantaggio di tre reti), uno all’Inghilterra in semifinale (dove s’interrompe il cammino dei lusitani), uno all’Urss nella finale del terzo posto. Con nove reti, è il bomber di Inghilterra 1966. Le lacrime dopo l’eliminazione con i padroni di casa inglesi, destinati ad alzare la Coppa, consegnano al mondo l’immagine di un uomo genuino. In Inghilterra, tutti rimangono colpiti dalla forza esplosiva di questo campione e persino a Madame Tussaud viene realizzata una statua di cera in suo onore.
A fine carriera, Eusébio si sposta tra Canada, Messico e Stati Uniti, ma le pagine scritte in questi Paesi non saranno mai avvincenti come quelle portoghesi. Nel ‘76 vince comunque la Nasl nordamericana con il Toronto Metros-Croatia, realizzando 18 reti in 25 gare.
Con 41 gol segnate in nazionale, è stato a lungo il record-man di reti del Portogallo, e per vedere superato il suo score, bisognerà attendere i giorni nostri, con il sorpasso di Pauleta e Cristiano Ronaldo, che hanno giocato molte più gare delle 64 di Eusébio. Un uomo che col Benfica ha fatto più gol che partite, e che ancora oggi detiene il record del club: 478 palloni buttati in porta in 445 apparizioni. Mai soprannome fu più azzeccato: per tutto il calcio, Eusébio è stato una vera “perla”.
Giovanni Del Bianco