I club italiani dovranno pagarsi da soli i loro fantomatici stadi-centri commerciali, come è logico e perfino giusto. Solo che fino a qualche giorno fa sembrava che dovesse essere l'agonizzante contribuente italiano a finanziare una cementificazione cialtrona che non tiene conto delle specificità di un paese. In sostanza la Commissione Bilancio del Senato ha tolto dalla legge di stabilità in via di approvazione l'emendamento del ministro
Delrio (fortemente ispirato da
Letta e
Alfano) che riguardava una peraltro vaga 'legge sugli stadi'. Non è che l'abbia bocciata, è semplicemente che se ne parlerà in altra sede e in altri tempi (magari con il 'doping' della candidatura olimpica di Roma 2024), con tanti saluti al blitz. Altra cosa è l'ammodernamento degli stadi esistenti, che già adesso può essere portato avanti con i fondi del Credito Sportivo. In parole povere, le corsie preferenziali per avere le Allianz Arena de' noartri saranno soltanto locali. Come è stato per lo Juventus Stadium, con superfici ad uso commerciale quasi regalate, come sarà per Inter e Milan sulle aree Expo di Rho dopo il 2016 anche loro a prezzi di saldo, come potrebbe essere per la Fiorentina se il progetto polisportiva (con la pallacanestro in arrivo da Siena) andrà in porto. Insomma, gli strumenti per fare pressione sul territorio non mancano ed è assurdo che sia il governo in un momento come questo a farsi carico dei drammatici errori del passato come gli stadi mostre di Italia Novanta e le assurde modifiche (il terzo anello incompleto di San Siro è da manuale dello spreco) agli impianti esistenti. Detto questo e ricordato che anche il mitico 'modello inglese' è stato in buona parte finanziato con soldi pubblici nel dopo Hillsborough, rimane il discorso della specificità. Per come viene vissuto il calcio in Italia, l'immagine di una famiglia di quattro persone che tranquillamente va nello stesso posto a pranzo, a fare la spesa, a guardare un film e a tifare per la propria squadra è semplicemente inconcepibile, non solo perché alla suddetta famiglia servirebbero 500 euro da buttare via ogni domenica. E il leggendario merchandising? Forse i dirigenti di Nike e Adidas ignorano che davanti (davanti!) agli stadi delle 'loro' squadre ci sono decine di punti vendita tollerati quando non addirittura autorizzati (!) dai club che propongono ai tifosi materiale 'ufficioso', cioè uguale a quello ufficiale ma senza i loghi degli sponsor. Il calcio da noi non è una forma di spettacolo, ma di vita. Per rifare i bagni, mettere a norma gli impianti elettrici e aprire qualche bar non è necessario dissanguare le casse dello Stato.