1. Le prime partite di Juventus, Milan e Napoli in questa edizione della Champions League offrono il pretesto per la solita considerazione-cover sul tifo per le squadre italiane impegnate in Europa. Che secondo il pensiero unico buonista dovrebbe essere scontato, sia "Perché siamo italiani" (sintetizziamo il concetto) sia per motivi di ranking Uefa, quelli che fanno maledire l'Udinese della situazione da parte di club più ambiziosi ma abbonati al quarto-quinto posto in serie A. Non occorre una grande inchiesta per osservare che tutti i non juventini d'Italia tifano contro la Juventus, tutti i non milanisti contro il Milan, eccetera, fregandosene di nazionalismo (che ormai non vale più nemmeno per... la Nazionale) e ranking. Un discorso applicabile ai dirigenti delle squadre coinvolte, perché i premi Uefa non riguardano soltanto i risultati sportivi (8,6 milioni di euro per ogni ammessa ai gironi, 3,5 per il passaggio agli ottavi, eccetera), ma soprattutto la spartizione per così dire domestica dei diritti televisivi, il cosiddetto market pool. In altre parole, più è alta la cifra che pagano le tivù di casa (Sky e Mediaset Premium, nel nostro caso), più è alta la somma che si spartiranno le partecipanti italiane. Quest'anno la cifra ammonta a circa 80 milioni di euro, il che significa che Juventus, Milan e Napoli avranno da questa voce quasi 27 milioni a testa. Si potrà quindi intuire quanto
Agnelli e
De Laurentiis abbiano tifato per il PSV nel playoff di agosto e quanto lo stesso Agnelli e
Galliani abbiano esultato per l'addio anticipato dell'Udinese l'anno scorso. Insomma, il tifo contro esiste e conviene anche.
2. La Champions League è difficilmente paragonabile all'Europa League che torna oggi a (dis)interessare tutti, ma in aggregato si può dire che generi introiti televisivi e pubblicitari in rapporto di cinque a uno: il miliardo della Champions contro i 200 milioni e rotti dell'Europa League. Al punto che
Platini sta seriamente pensando a una sua abolizione (non l'ha detto lui, ma risulta a molti dirigenti di club) o a una sua ristrutturazione nell'ottica di farne una specie di serie B della Champions, con promozione diretta delle migliori e quindi salvaguardia di quel che rimane del diritto sportivo. In generale tirerà a campare fino al 2015, poi da presidente FIFA che cosa gliene importarà dell'erede della emozionante, lei sì, Coppa Uefa?
3. Gli americani del Manchester United, che ha appena iniziato la sua Champions battendo il Bayer Leverkusen, sanno come fare i soldi. I campioni d'Inghilterra hanno annunciato che il loro fatturato annuale nella stagione appena conclusa è salito di 50 milioni di euro, raggiungendo quota 430, con una previsione 'media' (cioé arrivando almeno terzi in Premier League e negli ottavi di Champions) di aumentarli nel 2013-14 fino a 500. Ma quello che più impressiona è il profitto, passato da 27 milioni a quasi 174 (tutto tradotto in milioni di euro). Cifra con cui quasi si può quasi comprare l'Inter (con gli utili di un solo anno!), tanto per citare una società in vendita. Insomma, i
Glazer hanno vinto la loro scommessa del 2005, di fatto facendo pagare al Manchester United stesso il prezzo dell'acquisizione del Manchester United. E con buona pace di chi parla solo di diritti televisivi, bisogna ricordare che i ricavi da stadio più quelli commerciali hanno raggiunto la cifra di 309 milioni di euro. Significa che il 71% dei ricavi prescinde dalla televisione, ma soprattutto che anche se la televisione non esistesse o trasmettesse gratis le partite il Manchester United esisterebbe lo stesso a questo livello. Mentre in Italia lo spettatore viene disincentivato a lasciare il divano, grazie anche ad assurdità come la tessera del tifoso, in altri paesi la 'fisicità' dello spettacolo calcistico viene ancora giustamente considerata un valore insostituibile.
Twitter @StefanoOlivari