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La prima Premier League triste

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L'inizio della Premier League è un'emozione unica fin dai tempi in cui il massimo campionato inglese si chiamava First Division (fino al 1992 è stato così, sembra preistoria). Non solo per motivi tecnici, comunque discutibili, o di immagine, ma anche perché le cose intraviste da giovani (un grazie, a distanza di decenni, alla Televisione della Svizzera Italiana e a Tele Capodistria) hanno un valore più alto di quelle viste in alta definizione da adulti. Detto questo, l'edizione 2013-14 inizia con molte incertezze e sicuramente senza i colpi roboanti dei pochi grandi club europei che ormai se li possono premettere. Senza incorrere in delitti di lesa maestà, nei confronti del torneo più seguito del mondo per motivi mille volte scritti (non ultimo il fatto che qualsiasi cosa arrivi dall'Inghilterra ha automaticamente una diffusione planetaria, dalla moda alla musica), sembra però che la stagione al via sia la più triste, nelle premesse, di due decenni di Premier League. Nessun fuoriclasse arrivato, con tutto il rispetto per Jovetic, e alcuni forse in partenza. Ma, su tutto, la sensazione che sia iniziata l'era del cosiddetto sviluppo sostenibile. Insomma, il Bayern Monaco non fa scuola solo in campo. Addirittura il Manchester City si è calmato a livello di mercato, senza rilanci no limits su tutti i tavoli importanti. Su Jovetic la concorrenza non era poi così agguerrita, Fernandinho è stato strapagato e Tevez ceduto. Il profilo mediatico di Pellegrini è senz'altro più basso di quello di Mancini e in nessun reparto la squadra di Al Mansour sembra migliorata. Vista la vittoria all'ultimo respiro nella Premier League di due stagioni fa, fare meglio di Mancini significherà vincere il campionato (l'anno scorso secondo posto) e fare strada in Champions League. Perplessi lascia anche il Chelsea, al di là del ritorno sulla sua panchina di uno dei migliori allenatori del mondo. Mourinho, fatta eccezione per qualche giovane, ha a disposizione l'identica squadra arrivata terza l'anno scorso ma che ha anche alzato l'Europa League guidata dal suo storico antipatizzante Rafa Benitez. Senza un colpo alla Rooney, che mentre scriviamo queste righe è ancora soltanto un'ipotesi giornalistica, ogni risultato verrà associato alla 'mano di Mourinho'. Forse è anche quello che lui vuole, per la gioia di un Abramovich che dopo la Champions League di Di Matteo appare sedato. E' comunque un ritorno ad altissimo rischio, anche senza i luoghi comuni sulle minestre riscaldate. Nessuna sostanziale novità nemmeno nell'Arsenal di Wenger, dove i giovani sembrano ormai più un alibi che un investimento. Il Tottenham, anche se Bale dovesse rimanere, sono sempre da Europa League, mentre il Liverpool potrà sparigliare le carte sue e degli altri decidendo il futuro di Suarez. Insomma, il Manchester United campione può iniziare serenamente il dopo-Ferguson, tenendosi anche un Rooney scontento non ce ne sarà per nessuno dei rivali. Twitter @StefanoOlivari