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L’Italia di Fabian O’Neill

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Fabian O'Neill è uno dei personaggi più sottovalutati della storia recente del calcio italiano. Più come personaggio, appunto, che come calciatore: visto che le sue grandi chance (la Juventus su tutte, dopo cinque stagioni al Cagliari e prima di qualche mese al Perugia) se le è bruciate per comportamenti fuori dal campo che avrebbero stroncato la carriera non diciamo di un atleta ma anche di un impiegato di concetto. E di recente ha fatto notizia un po' in tutto il mondo (in Italia è stata tenuta un po' 'bassa', ma si è comunque letta) la sua intervista al portale uruguayano montevideo.com.uy in cui ha raccontato di bevute, feste e festini (tutto con nomi e cognomi) durante la sua esperienza italiana. Fatti suoi. Fatti nostri invece il racconto di pagamenti in nero e di partite truccate, in mezzo a episodi di campo (come quando diede due pugni a Gattuso sperando in un fallo di reazione tale da causarne l'espulsione). Senza citare la squadra, O'Neill ha dato una proporzione al 'nero' comunemente accettato nel sistema: "In una stagione guadagnai 60mila dollari al mese, ma per le tasse risultava che ne guadagnassi 8mila". Come dire, al Fisco non risultava l'87% dello stipendio di un calciatore normale come lui, figuriamoci cosa sfuggiva e sfugge con le stelle vere. Interessante anche il discorso sulle partite truccate, che O'Neill colloca temporalmente all'epoca delle sue esperienze al Cagliari e al Perugia. Non accusa per sentito dire, ma citando fatti e persone e oltretutto attribuendo a sé stesso un ruolo da protagonista nelle presunte combine. Una previsione? I racconti di O'Neill (li abbiamo letti nella traduzione inglese e poi per sicurezza li abbiamo rivisti in quella originale spagnola) saranno in Italia derubricati a vaneggiamenti di un uomo in caduta libera, inseguito da creditori ed ex mogli, visto che non c'è alcun grande club che se ne può avvantaggiare a danno di un altro. Ma il calcio italiano è anche peggio di come lo racconta O'Neill.