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Boateng e il razzismo di serie A

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Kevin Prince Boateng negli ultimi mesi è cambiato, da quando è andato all'Onu insieme a Melissa Satta non è più lui. Perché ha sentito, durante il riscaldamento prima di Juventus-Milan, diverse decine di tifosi bianconeri 'normali' (poi dicono degli ultras...) insultarlo e fargli buu ad personam. In tutto e per tutto uguali a quelli di Busto Arsizio durante la famosa amichevole con la Pro Patria a gennaio. Quella in cui il Milan abbandonò, secondo noi ingiustamente (ci sono un'autorità sportiva, l'arbitro, e un responsabile dell'ordine pubblico che possono-devono prendere questo tipo di decisioni) il campo facendo passare dieci cretini per rappresentanti di una città. Allo Juventus Stadium il Milan è però sceso in campo lo stesso, con Boateng (peraltro fuori forma) dentro dall'inizio a centrocampo, a riprova che la sensibilità al razzismo cambia a seconda della categoria del razzista. E pensare che mancava lo squalificato Balotelli, di solito catalizzatore di comportamenti dementi. Adesso, al di là delle decisioni del giudice sportivo, ci sarà chi se la prenderà con la Juventus, con il calcio italiano, con il mondo. Ma la colpa è solo di poche decine di persone e soprattutto di quelle silenziose che gli stavano a fianco. Non si può mettere un poliziotto a fianco di ogni spettatore, quindi o si sospende il 90% delle partite o non se ne sospende nessuna. Senza contare poi il fatto che insulti terribili a 'bianchi' vengono considerati ormai quasi parte integrante del gioco e nemmeno più meritevoli di segnalazione.