Mi dispiace dare ragione, una volta tanto, a Joseph Blatter.
Del maneggione svizzero, presidente della Fifa dall'ormai lontano 1998, non posso ovviamente condividere nulla. Né la visione commerciale del pallone, né l'uso spregiudicato del potere personale. Con quel ghigno finto affabile che me lo rende particolarmente antipatico.
Ma sull'Europeo 2020 ha ragione: renderlo itinerante per l'Europa gli toglie un certo sapore. Capisco le ragioni di PlatinI: risparmio economico, evitando così la costruzione di gigantesche speculazioni in un unico Paese. Sovente le grandi manifestazioni si sono trasformate in disastri finanziari e architettonici, di cui l'esempio migliore rimane Italia 90. Ma una manifestazione distribuita su più Paesi perde sapore. Non avremo più una Nazione cui legare il ricordo. Per capirci: non diremo Italia 1968 o Francia 1984 per ricordarci di un evento. RImarrà solo l'anno. Più utile, moderno, ma certamente meno suggestivo.
Gli Europei, così come i Mondiali o le Olimpiadi, sono sempre stati un modo per tuffarsi in un luogo. Conoscerlo e approfondirlo come altrimenti non si sarebbe mai fatto. Quale italiano avrebbe mai conosciuto Vigo se non fosse stata la prima, disastrosa tappa del nostro Mondiale poi trionfante? Idem per Middlesbrough, che nel Mondiale del 1966 segnò la massima catastrofe azzurra contro la Corea. Insomma, un modo per tuffarsi interamente in una terra.
Il senso ancora più ampio di uscire dalla normalità per qualche settimane e concentrarsi in un'unica cosa, fisicamente raccolta e magari lontana da noi. Ho provato la sensazione da inviato, ma anche da spettatore davanti alla tv.
Giocare un Europeo andando domani a Londra e tre giorni dopo a Parigi rende meno esclusiva la cosa. La depotenzia. Immagino che la rivalità con Platini sia l'unica ragione che abbia spinto Joseph Blatter a denunciare la cosa, uno che l'unico sentimento che conosce è sotto forma di Euro o Dollaro, ma nella sostanza mi trovo d'accordo con lui.
Prometto che sarà l'ultima volta.