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La rivoluzione di Malagò

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Con Giovanni Malagò presidente del CONI cosa cambierà nello sport italiano? La risposta è facile: niente. Solo qualche cambio di equilibri nella politica sportiva, con cariche per gli amici e ostilità per chi ha tradito. Il tutto condito dall'approccio soft che da sempre caratterizza il presidente del Circolo Canottieri Aniene. Che differenza c'era in fondo fra Giovanni Malagò e Raffaele Pagnozzi? Certo è che l'elezione di Malagò è stata una relativa sorpresa, perché il segretario generale (al CONI dal 1973...) poteva contare sui vantaggi di chi è già dentro l'apparato e su dichiarazioni di voto pubbliche. Prima fra tutte quella del presidente uscente Petrucci, costretto dal numero di mandati a ritornare alla federbasket, ma si sa che pagnozziani sono anche il numero uno della federcalcio Abete e il presidente della federtennis Binaghi. Malagò ha avuto 40 voti contro i 35 di Pagnozzi, adesso il vero problema è che non si è capito quale idea di organizzazione sportiva avessero e abbiano i due contendenti. I giornalisti sostenitori di Pagnozzi hanno propagandato l'immagine dell'uomo di sport in contrapposizione a quella del frequentatore dei salotti romani, i pro Malagò quella del giovane manager (in realtà Malagò era già nella Giunta CONI) che sfidava il burosauro federale. Su tutto c'è l'inutilità del CONI, carrozzone utile solo a distribuire stipendi e tessere omaggio per l'Olimpico, quelle che fanno impazzire Pallotta: da quando è morto il Totocalcio è infatti lo Stato a finanziare direttamente le federazioni, con la struttura centrale del CONI a fare solo da distributore materiale. Al di là dell'organizzazione, pessima, dei Mondiali di nuoto 2009, non ci vengono in mente un atto o una presa di posizione forti di Malagò in ambito sportivo. Non è insomma andato al potere un rivoluzionario, chi ama lo sport italiano così com'è può stare tranquillo.