Il Paris Saint Germain è una dei pochi club nel mondo a tenere in piedi la baracca del calcio con immissioni di denaro esterne al sistema, un po' quello che accadeva con i grandi club italiani alla fine degli anni Novanta (le sette sorelle... sembra passato un secolo). Per questo il caso della sua megasponsorizzazione va seguito con molta attenzione, perché dal modo in cui la Uefa di
Michel Platini lo tratterà dipenderà il futuro del calcio europeo e mondiale: giochino per ricchi e potenti, che si fregano fra di loro ma che comunque formano un circolo esclusivo, o competizione che in teoria può essere vinta da chi lavora meglio e vive solo di quello che incassa in maniera pulita? Il Bayern Monaco, tanto per fare un esempio di alto livello. I fatti sono noti. L'ente del turismo del Qatar, il Qatar Tourism Authority, sponsorizzerà la squadra di
Ancelotti, Ibrahimovic, Pastore, eccetera, versando almeno 150 (centocinquanta, non è un errore di battitura) milioni di euro, più bonus vari, in ognuna delle prossime quattro stagioni. Visto che la proprietà del PSG fa capo proprio al Qatar attraverso la Qatar Investment Authority, siamo di fronte a quella sponsorizzazione semi-farlocca che, a onore del vero, non è stata inventata in Francia. Basti pensare alla Pirelli di
Tronchetti Provera con l'Inter, alla Jeep (Chrysler) con la Juventus, alla compagnia aerea Emirates (proprio quella dello stadio) con l'Arsenal, al Manchester City. Il problema non è formale, perché tutti hanno aggirato lo spirito della legge (che regola le sponsorizzazioni fra parti correlate, ma non può normare le triangolazioni o giri addirittura più ampi), ma sostanziale: 150 milioni e passa freschi all'anno, con tendenza ai 200, slegati da incassi di altro tipo e rendimento in campo, significano tre Ibrahimovic nuovi (al di là del fatto che tre come Ibrahimovic nel mondo non esistano) ogni stagione e quindi una alterazione permanente della competizione. E' impensabile che Platini mostri i muscoli al PSG così come ha fatto con il Malaga, non solo perchè suo figlio Laurent lavora per la Qatar Sports Investment (ne cura gli interessi in tutta Europa), ma qualcosa dovrà fare. A meno di ammettere che anche nella nostra epoca a vincere saranno quelli che hanno risorse finanziarie illimitate, a prescindere dalla propria competenza e dal proprio valore. Tanto rumore per nulla?