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Siamo tutti Pippo Inzaghi

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Non vogliamo sminuire la portata del litigio fra Massimiliano Allegri e Pippo Inzaghi, segnale che il Milan non è più quello di pochi anni (mesi?) fa: né in campo, vista l'evidente modestia dei giocatori (le ultime formazioni schierate potrebbero essere tranquillamente quelle del Bologna o del Chievo), né fuori perchè adesso qualsiasi spiffero da spogliatoio esce e viene amplificato creando un circolo vizioso di negatività. I casi sono tre: i giornalisti sono diventati coraggiosi, Berlusconi come editore ha meno collaborazioni da offrire, oppure in società c'è chi sta preparando il terreno per una rivoluzione. Un clima da fine impero, in attesa che Berlusconi scelga l'immancabile (per i media, perché poi nella realtà tutto avviene per le suggestioni del momento) 'progetto': Milan di campioni con un allenatore vincente (però mancano i soldi Fininvest) da affidare a un allenatore di prima fascia (Guardiola il sogno dei sogni) o Milan di giovani di prospettiva da consegnare a un tecnico amato dai tifosi? La seconda che abbiamo detto, al momento, è l'ipotesi prevalente sempre sperando (e anche Berlusconi è su questa linea) che Allegri si risollevi un po' e traghetti il Milan verso la prossima stagione magari inseguendo un terzo posto in campionato a cui possono aspirare davvero in tanti. Insomma, non sminuiamo quanto avvenuto al centro Vismara (dove si allenano le giovanili rossonere) sotto gli occhi di Filippo Galli, ma lo inquadriamo nel suo contesto. La cosa che troviamo culturalmente sbagliata è quella di considerare 'cattive' le aspirazioni di chi vuole emergere nella sua professione. Inzaghi come allenatore ha al suo attivo due o tre partite con gli Allievi, però è chiaro che il suo sogno è allenare il Milan: perché dovrebbe essere ipocrita e dire 'no, non mi interessa'? Certi treni passano una volta sola. Oltretutto in una società il cui presidente ha sempre pensato che saper guidare un gruppo di uomini naturalmente egoisti è più difficile che disegnare due schemi sulla lavagna, come provano le sue idee anni Novanta di affidare il Milan a Dan Peterson o a Julio Velasco. La scelta di Capello per il dopo Sacchi, nel 1991, fu il frutto anche di queste convinzioni. Poi è tutto da verificare che Inzaghi abbia queste doti di comandante: è una persona seria, ma certo non molto comunicativa, in più per forma mentale vede il calcio come somma di individualità e non come insieme. Quello che è sicuro è che crede di potere allenare il Milan, avendo i giocatori giusti: un po' quello che crediamo tutti noi. Dicono che sia la fortuna del calcio. Un po' quello che si diceva del 99% dei gol di Inzaghi, commenti del genere 'questo lo segnavo anche io'. Solo che i gol alla Inzaghi li segnava solo Inzaghi.