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Delio e le storie tese

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Siamo davvero usciti di testa se un uomo altrimenti corretto come Delio Rossi si lascia andare all’aggressione di ieri. Il calcio italiano non è malato, è ahinoi agonizzante. Qui non è mica più questione di ranking, ma di semplice educazione, di comune buonsenso. Inutile pure continuare a pompare l’evento, a nascondere la sporcizia dei comportamenti sotto il tappeto dei titoli sulla Juve di nuovo da corsa e sullo scudetto più aperto degli ultimi anni. Si sta per chiudere una stagione violenta, maleducata, intollerabile per un Paese che si ritiene evoluto. In meno di un mese è successo di tutto. La partita sospesa a Genova dagli ultrà, con i giocatori mortificati in pubblico, la rissa di Udine, con cazzotti tra dirigenti e un giocatore - Marchetti - pronto addirittura a spintonare l’arbitro. Quindi l’umiliazione imposta a Totti sotto la curva Sud, seguita dal chiarimento preteso dagli stessi tifosi (?) con Franco Baldini. E, dulcis in fundo, i cazzotti sferrati ieri da Delio Rossi a Ljajic. Bastano le immagini a commentare la follia del gesto, solo rinforzata dall’acclamazione di un intero stadio per il domatore di leoni. Aveva ragione Alessandro Baricco. Sono arrivati i nuovi Barbari. E come spesso accade, il calcio si fa triste avamposto. Non dimentichiamo che sullo sfondo rimangono le diverse inchieste per il calcioscomesse, cui France Football dedica l’ultima copertina. Fa male leggere dai nostri cugini quel sommario di prima pagina: «Inchiesta nel cuore dello scandalo di uno dei più terribili esempi di danni della corruzione nel calcio». Siamo noi, non gli altri. Da ieri, nelle schifezze che esponiamo al mondo, c’è anche un allenatore di 52 anni che picchia un suo giocatore insubordinato e provocatorio. twitter@matteomarani