Agnelli, Moratti, Della Valle, Galliani, eccetera: i pupi del nostro teatrino personale sono sempre quelli, solo che i burattini in realtà siamo noi. Calciopoli non finirà mai, per la gioia anche di noi che ci campiamo sfruttando la rabbia di chi si sente derubato, di chi si sente accerchiato, di chi si sente accusato e di chi semplicemente ha una vita triste. E' quindi con letizia che aspettiamo il 14 dicembre, data della convocazione da parte del CONI del cosiddetto 'tavolo della pace' in cui tutti i protagonisti di Calciopoli, condannati, prescritti, innocenti e spettatori, dovrebbero ritrovarsi davanti a Gianni Petrucci per tirare una riga sul passato ma soprattutto impostare un futuro in cui per i furbi la vita sia più difficile. Belle intenzioni, che nascondono il vero proposito: quello di togliere pressione ad Abete e alla Figc (il tavolo avrebbero dovuto organizzarlo loro, in realtà), 'consigliando' nel contempo di limitare le avventure nella giustizia extrasportiva. Avventure senza speranza, come si sta osservando a forza di porte in faccia, ma che hanno l'effetto di avvelenare il presente. Al momento è una convocazione senza...copnvocati, ma soprattutto senza argomenti all'ordine del giorno. Petrucci è da una vita nella politica sportiva, non può credere che anni di furti, di contro-furti e in generale di odio possano terminare senza che qualcuna delle parti in causa ceda qualcosa. Rimane, a nostro modesto avviso (ma qui potrano esserci d'aiuto gli insigni giuristi in canottiera che a volte ci onorano di leggere il Guerino), la questione di fondo: non è possibile che società e persone condannate in sede sportiva e penale cerchino di imporre le loro regole. Sarebbe, passateci la metafora, come se lo Stato invitasse a mettersi intorno a un tavolo sia il negoziante a cui è stato chiesto il pizzo sia il mafioso che glielo ha estorto.
Twitter @StefanoOlivari