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Donne… carpe diem!

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Avviso alle mogli e alle amanti (a vario titolo) degli appassionati di calcio: carpe diem. Anzi dies. Ne avete a disposizione due per farvi portare al cinema, in quel bel ristorantino romantico, a un concerto, a teatro o dove volete voi. Oggi e domani: 16 e 17 novembre. Dopodiché, se il vostro uomo è davvero uno che mangia pane e pallone, scordatevi di rivederlo fino quasi a Natale. Diciamo fino al 22 dicembre, quando avrà giusto il tempo di comprarvi un brillocco da mettere sotto l’albero e farsi perdonare la prolungata assenza dalla vostra vita. Perché il 22 dicembre sarà il primo giorno dopo il 17 novembre senza una partita di calcio in tv: si comincia appunto il 18 novembre, dopodomani, venerdì, con Livorno-Ascoli di serie B, si chiude mercoledì 21 dicembre con il recupero notturno della prima giornata di serie A slittata per lo sciopero dei calciatori. In mezzo ci sono oltre 70 partite di campionato (A e B), Champions League, Europa League e di buon peso – c’era ancora qualche orifizio da chiudere – Coppa Italia. Ogni sera, e spesso anche di pomeriggio, almeno un match c’è sempre. Una follia che ieri ha rivelato uno dei pochi programmi che fa davvero servizio pubblico di informazione, pur essendo su un’emittente privata, A tempo di sport, condotta su Radio 24 dal sempre ottimo Gigi Garanzini, ormai rarissimo esempio di giornalista attento ai dettagli come al quadro generale del calcio, alla poesia ma anche alla prosa. Garanzini non ha fatto altro che mettere insieme i tasselli, scartabellare i comunicati di Lega, Figc e Uefa e compilare questo calendario che è davvero agghiacciante. Aggettivo scelto non a caso: una buona metà delle partite sono ben sopra la Linea Gotica, dove fa un freddo mostruoso, ma non che al Sud adesso si stia al caldo. E se non vogliamo pensare alle influenze, i raffreddori e i malanni assortiti di chi va allo stadio, tanto allo stadio non ci va più nessuno (e poi ci si chiede perché), pensiamo almeno ai preziosi tendini e ai delicati muscoli dei campioni messi a dura prova su terreni duri come asfalto e sui quali ci si regge in piedi a stento per la brina, dove infortunarsi anche seriamente sarà facilissimo. Naturalmente alla prima gamba rotta di Ibrahimovic o Sneijder o chi volete voi sarà un canile di proteste da parte dei giornali che nulla hanno fatto per impedire o quantomeno denunciare questo. E a quel punto il Galliani o il Beretta di turno ribatterà che se si vuole che nel calcio girino i soldi e quindi ci siano campioni e spettacolo bisogna concedere qualcosa alle tv. E a suo modo avrà pure ragione, trascurando il bel paradosso che per avere campioni e spettacolo bisogna accettare campi dove i campioni si possono rompere e lo spettacolo non c’è. Naturalmente qualcuno potrebbe dire che chi se ne frega di Livorno-Ascoli, Albinoleffe-Reggina, Vaslui-Lazio, Catania-Novara, tanto per citare alcune delle partite di questo serpentone infinito. A parte l’ovvio discorso che comunque tutte le squadre meritano rispetto e hanno dei tifosi, è chiaro che solo un  pazzo (e qualcuno esisterà) si vorrà guardare tutte le oltre 70 partite in calendario da qui a Natale. Ma è il principio che conta. Il principio è che per soldi il pallone si è venduto l’anima, come Faust. E ha cambiato menù per l’ennesima volta. Una metafora che abbiamo già fatto, ma che vi ripetiamo. Cos’era il calcio fino agli inizi degli anni Novanta? Era le meringhe con la panna. Un dolce che si comprava la domenica, in pasticceria, dopo la messa e le chiacchiere in piazza, e che si consumava tutti assieme, in famiglia, quasi un rito. Il calcio lo vedeva tutto chi andava allo stadio, sennò radiolina, 90° Minuto, un tempo di una partita, Domenica Sprint, Domenica Sportiva e amen. Il calcio-meringhe con la panna che è stato glorificato e mitizzato con Quelli che… il calcio da Fabio Fazio, che certo non a caso ieri Garanzini aveva ospite: «Il calcio tutti i giorni pare una festa – ha detto – ma anche il Natale è una festa e se fosse tutti i giorni perderebbe significato. Ora l’impressione è che hai qualcosa di più, perché hai qualcosa sempre, ma proprio per questo è solo un’impressione. In realtà abbiamo perso sempre di più: ogni volta che ci danno qualcosa in più la stiamo perdendo». Parola di chi di quel calcio ha iniziato a essere nostalgico appunto nel momento in cui iniziava a perderlo: Quelli che…il calcio inizia nel 1993. Esattamente quando partono i posticipi e parte  perciò l’era del calcio-spezzatino: una partita la domenica sera, poi anche una il sabato, poi di tutto di più. Così ora eccoci con oltre 70 partite senza un giorno di tregua da qui alle Feste. Ed eccoci quindi al nuovo piatto del giorno. Ovvero il semolino: molliccio, semiliquido, di scarsa consistenza, che se versato avanza lento, melmoso e riempie implacabilmente qualunque minimo interstizio. Alzi la mano chi ricorda che sapore abbia. Livio Balestri telecommando@hotmail.it