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L’ultimo salto di Hickstead

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Era il cavallo più famoso del mondo, Hickstead, almeno il nome era conosciuto anche di chi come noi di equitazione sa poco o niente. Oro olimpico a Pechino 2008, fra le mille vittorie quella da ricordare, per lo stallone olandese (di nascita, perché poi di fatto era canadese) la morte è arrivata a Verona dopo un avere completato un percorso dell'unica tappa italiana di Coppa del Mondo di salto ad ostacoli. Sotto gli occhi del cavaliere con il quale aveva vinto a Pechino, il canadese Eric Lamaze, Hickstead è stramazzato al suolo e non si è più rialzato. Non proprio una situazione chiara, per un cavallo apparso in grandissima forma, ma prima di fare congetture aspettiamo l'autopsia dei veterinari. In altre parole, mentre il doping è praticamente la norma nell'ippica (non entriamo nemmeno nel discorso sui palii e le tante manifestazioni demenziali che ancora resistono nell'Italia ferma al MedioEvo) non si può dire la stessa cosa nell'equitazione dove l'affiatamento con il cavallo e la coordinazione sono più importanti delle prestazioni atletiche. Rimane comunque il problema di base: lo sfruttamento degli animali per il divertimento umano, con la giustificazione che 'vengono trattati bene'. Come se mandarli al macello fosse una norma indiscutibile e tenerli invece in una stalla rappresenti una sorta di salvezza per cui vadano ringraziati gli uomini 'buoni'. La morte di Hickstead, forse senza causa, ci ricorda che applichiamo agli animali una legge che non vorremmo mai vedere applicata contro noi stessi: quella del più forte. Twitter @StefanoOlivari