Undici metri è la distanza fra il dischetto del calcio di rigore e la linea della porta. «11 metri» è anche una distanza virtuale fra Agostino Di Bartolomei, storico capitano della Roma che finì i suoi giorni il 30 maggio 1994 sparandosi al cuore a 39 anni con una P38, e quel mondo che forse non lo riuscì a capire fino in fondo. E «11 metri» s'intitola il film di Francesco Del Grosso. (...). «Vado alla ricerca dell'uomo - precisa Del Grosso - attraverso le testimonianze di chi l'ha conosciuto. Più che un diario intimo, il mio è un road movie emozionale, un incrocio di luoghi e di persone per capire di più su quella morte avvenuta il 30 maggio, a dieci anni esatti dalla finale della Coppa Campioni persa dalla Roma contro il Liverpool ai rigori. Solo un caso?». (...)
«Probabilmente Di Bartolomei soffriva per non essere stato chiamato in un ruolo da dirigente - spiega il regista -. Voleva costruire un centro sportivo ma si ritrovò stretto fra le maglie della burocrazia. Colto e intelligente, amico di politici come Andreotti e di artisti come Guttuso, di vescovi e cardinali, un passato nella Democrazia Cristiana, il suo avvicinamento a Forza Italia venne letto da alcuni come un cambio di casacca. Ci fu chi non glielo perdonò».
Del Grosso fa parlare Luca dentro l'oratorio San Filippo Neri di Roma, dove Ago tirò i primi calci a un pallone. Riporta lo storico presidente della Salernitana Giuseppe Soglia dentro lo stadio Arechi, i compagni di squadra con i capelli ingrigiti a Trigoria, a Milanello, all'Olimpico. «Il mondo del calcio avverte un grande senso di colpa per quel che è successo, anche se il film non è un'apologia di Agostino - conclude il regista -. Nelle interviste sono evidenti le sue passioni come anche le sue paure, un orgoglio e un pudore che gli impedivano di chiedere». Si ride anche: Berlusconi che in Vaticano paragona il carisma di Karol Wojtyla a quello del suo Milan, gli sfottò fra amici di squadra. Trentanove interviste, settanta ore di materiale d'archivio, sei mesi di montaggio. Resta quella domanda: «Perché?».
Laura Martellini per Corriere.it
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