Sarà anche banale ma dopo un mese di calcio giocato ci troviamo di fronte a un Campionato equilibrato: 16 squadre racchiuse in quattro punti. La coppia di testa Juve – Udinese non corre (8 punti conquistati su 12) e
senza i 6 punti di penalizzazione in vetta alla Serie A ci sarebbe l’Atalanta.
L’Atalanta, già, una neopromossa che a differenza di tutte le altre squadre, paradossalmente, ha trovato nella penalizzazione la sua arma in più - senza nulla togliere all’ottima campagna acquisti fatta in estate dal preparatissimo Pierpaolo Marino.
Il Milan è partito con il fiatone, condizionato dagli infortuni e da una condizione fisica non al top. L’
Inter ha già cambiato allenatore, gettato dalla finestra le idee tattiche di Gasperini, si è affidata a un uomo d’esperienza come Ranieri per ritrovare l’identità perduta.
La Juve è davanti a tutti e potrebbe anche restarci fino alla fine – sarà anche tecnicamente inferiore a Inter, Milan e Napoli, ma la serie A, si sa, si conquista battendo le “piccole”. I Conte’s boys hanno impressionato al debutto contro il Parma, poi sono tornati sulla Terra e in alcune uscite – a tratti o per minuti prolungati – sono sembrati i giocatori insicuri dello scorso anno. Anche se, 4 – 5 – 6 mesi fa, match come quelli di ieri contro il Catania, i bianconeri li avrebbero persi.
Il Napoli è diventato una grande squadra (nel senso di aspettative della piazza) è sta iniziando a capire quanto sia difficile mantenere questo status. E’ una questione di testa. Non si tratta più di crescere e migliorare, no, ora non sono più ammessi errori in questo processo di crescita. Ora alla prima difficoltà e risultato negativo tutti ti chiedono perché non hai vinto, rischiando di farti sorgere pericolosi dubbi esistenziali.
Discorso opposto quello della Roma. Loro si, sono ancora una creatura in stato embrionale.
Il successo di Parma darà fiducia verso le nuove idee di Luis Enrique, che al Tardini, per la prima volta in questa stagione, da pura e per molti utopica teoria, si sono trasformate in pratica concreta, risultati e punti in classifica.
Dietro le “big” ,Udinese, Lazio, Genoa, Fiorentina e Palermo possono dire la loro. Tutte hanno una rosa competitiva, almeno un giocatore di primissimo livello in ogni reparto e sono allenate da tecnici preparati e diversissimi, l’uno con l’altro, tatticamente e caratterialmente: la frivolezza di Mangia, la prudenza di Reja, la solidità di Guidolin, la voglia di riscatto di Malesani e la grinta di Mihjalovic.
Detto ciò la sensazione, però, è che questo equilibrio, già prima di Natale, sia destinato a finire. Il Milan, nonostante tutti i guai fisici, è comunque a meno tre dalla vetta e una volta recuperati gli infortunati (Ibra su tutti) può tornare a guardare le altre dall’alto, soprattutto se non c’è, nel frattempo, una squadra che distanzi il gruppo.
Discorso simile anche per l’Inter che con un Ranieri motivato, un Presedente sereno e uno spogliatoio “felice” può fare punti contro chiunque. Più del Napoli e della Juve stessa. Il problema più grande dei bianconeri, forse, è la loro più grande forza e “diversità” rispetto a tutte le altre candidate al titolo: Andrea Pirlo. Con un giocatore del genere (qualità, esperienza e personalità) in mezzo al campo c’è il serio rischio che subentri la dipendenza, dando la possibilità agli avversari di dar vita a un semplice ragionamento matematico: annullato Pirlo (marcatura a uomo come quella adottata ieri da Montella a Catania) si annulla la Juve.
E il Napoli? Vale il discorso già fatto. E’ diventata una grande squadra composta da tredici, quattordici giocatori che grandi non lo sono mai stati, singolarmente, in nessun club (dove grandi è inteso in base all’abitudine di alzare trofei). E’ un percorso per niente semplice quello dei biancoazzurri, simile a quello che intraprese la prima Juventus di Lippi nella stagione 1994/95. Vinse e gli piacque così tanto che poi non smise più, in Italia e in Europa. E Mazzarri – non solo per la stessa terra d’origine – ricorda molto il primo Marcello Lippi. Si vede, insomma, che ha quella fame lì. Qualcuno, parlando di Cavani e compagni, potrebbe anche tirare in ballo il discorso della Champions League, una competizione che ti toglie energie psico-fisiche e ti penalizza la domenica, soprattutto quando non ci sei abituato. E’ vero ma cosa fanno le grandi squadre? Giocano ogni tre giorni e ogni tre giorni vincono, se va male, invece, pareggiano.
Il Napoli ha le qualità e una società solida alle spalle per calarsi in questa nuova realtà.
di
Francesco Aquino