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Il lungo addio di Zamparini

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1. Maurizio Zamparini se ne sta andando dal Palermo? Al momento è solo una domanda. Visto l'ultimo calciomercato, con il corollario dell'esonero di Pioli (mitica la spiegazione: ''Me lo aveva consigliato Sabatini, ma era più adatto alla Roma') e dello sfogo contro il procuratore di Pastore, gli indizi confinano con le prove. A Palermo c'è anche chi dà una lettura tutta politica dell'operazione Nocerino, con il centrocampista di fatto regalato al Milan (stando alle cifre che si conoscono: mezzo milione più la comproprietà dello sconosciuto Ricardo Pereira, solo omonimo dell'ex portiere della nazionale portoghese). Aria di elezioni anticipate, ma dubitiamo che in questo momento Zamparini porterebbe molti voti siciliani al Pdl...Di sicuro c'è che il Palermo vende almeno un campione l'anno: Amauri, Cavani, ora Pastore. Ma non aveva mai dato questa idea di smobilitazione... 2. Quanti allenatori al mondo rifiuterebbero un'offerta di 25 milioni di euro a stagione per una squadra che nel giro di pochi anni vuole entrare nell'Europa che conta, grazie al suo budget senza limiti? Quasi nessuno, ma è anche vero che a quasi nessuno la proposta è stata fatta. José Mourinho si è concesso il lusso di dire di no, per andarsi a seppellire c'è sempre tempo. Vedremo chi sarà il 'grande uomo' folgorato dal calcio del Daghestan. Perché lo straniero è un mercenario, mentre l'italiano fa scelte di vita. 3. Il nuovo stadio della Juventus, perfetto per non dare al telespettatore l'idea di scarsa affluenza (il futuro è questo, non le cattedrali), ha offerto il pretesto per una serie impressionante di articoli sul fair play finanziario e sui bilanci delle società. I giornalisti hanno fatto il il massimo, purtroppo le cifre su cui si basano sono quasi sempre false. E non potrebbe essere altrimenti, a meno di non beccarsi una querela da parte del piccolo club che paga per due terzi in nero il grande nome o del grande club che liquida parte delle spettanze a Lugano. Rimaniamo dell'idea che il fair play finanziario, nella sua versione talebana, favorisca solo i grandi club. Se la ricchezza principale diventano i 'clienti' (questo sono in ultima analisi i tifosi), chi ha più clienti fidelizzati vincerà in eterno. Non stiamo facendo l'elogio del 'nero', ma il triangolare Tim alla lunga annoia. Se poi si riduce a un derby... 4. Non sappiamo ancora se David Beckham accetterà l'offerta di Redknapp per chiudere la carriera al Tottenham e puntare ad essere uno dei fuoriquota della Gran Bretagna ai Giochi di Londra. Certo è che il suo ritorno in Premier League avrebbe un effetto mediatico oltre l'immaginazione. Beckham è stato ed è tuttora la più grande icona mondiale del calcio, in tutta la storia. Non è ovviamente una considerazione tecnica, ma una constatazione. Non c'è niente di male nell'essere un modello di riferimento anche per donne e uomini non strettamente tifosi, eppure la retorica degli uomini di calcio ha spesso bastonato il 36enne centrocampista reo di essere riconoscibile in centro a Roma, in un mercato di Bangkok, a una sfilata di moda di Parigi, così come in un villaggio del Congo. L'hanno anche aiutato i tempi, perchè negli anni Trenta nessuno avrebbe mai avuto l'idea del film 'Sognando Scarone'. 5. Non ci stancheremmo mai di guardare Real Madrid-Barcellona, ma questo non toglie che la Liga vista da fuori sia un campionato assurdamente squilibrato. Anche dal punto di vista della ripartizione dei diritti televisivi. Non a caso a Siviglia 12 club hanno deciso di dire basta allo strapotere delle due grandi storiche, che nonostante gli introiti hanno anche debiti astronomici. Alle magnifiche due vanno 140 milioni di euro l'anno, All'Atletico Madrid e al Valencia 42, a Villarreal e Siviglia circa 25, mentre nessna delle altre supera i 14. Situazione più simile a quella italiana, anche dopo la legge Melandri, che a quella inglese, dove la prima come incassi televisivi (Manchester United) incassa 68 milioni l'anno e l'ultima (Blackpool) 44. Poi la visibilità mondiale della Premier League non nasce solo da questo ma anche da fattori storici e culturali, però l'equilibrio aiuta a guardare una partita senza per forza tifare per qualcuno. Stefano Olivari stefano@indiscreto.it