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Chiedete scusa a Tommasi

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Adesso che il cosiddetto contributo di solidarietà è finito nel dimenticatoio, fra i tanti editorialisti da popolo bue chi chiederà scusa ai calciatori italiani? Che fra i percettori di redditi superiori ai 90mila euro l'anno erano stati gli unici a dirsi disposti a pagare il contributo, soprattutto in un momento economico come questo. Non si ricordano analoghe prese di posizione da parte di dentisti, giornalisti, avvocati (qualcuno che che guadagna 90mila euro c'è), eccetera...ha insomma ragione Buffon nel dire che questa ondata di demagogia contro i giocatori, aggravata da uno sciopero che hanno voluto le società per mettere una pezza al loro finora squallido calciomercato, è servita a coprire qualcosa d'altro. Insomma, il calcio come oppio dei popoli sia quando si gioca che quando non si gioca. Alla fine il campionato partirà sabato 10 settembre, la prima giornata sarà recuperata in inverno, certe squadre continueranno ad avere rose di 40 giocatori senza un vero perché. Siamo certi, di questa partenza, perché anche senza un contratto collettivo il presidente del CONI Petrucci forzerà la mano a tutti con la scusa, in verità risibile, che ''non bisogna disperdere la passione di milioni di tifosi''. Già, non sia mai che qualcuno preferisca Flushing Meadows all'Inter, l'Europeo di basket alla Roma, un meeting di atletica alla Juventus. E questo sarebbe il presidente del CONI, che dovrebbe diffondere la cultura sportiva, figuriamoci come la pensa il tifoso da bar che prima o poi si renderà conto che tutti i suoi 'manca solo la firma' giocano in Premier League...tifoso al quale non può fregare di meno dell'articolo 7 del contratto collettivo, quello sugli allenamenti differenziati (in pratica il permesso di fare mobbing: come se un impiegato indesiderato dall'azienda venisse messo a lavorare in cantina al buio), che paradossalmente nemmeno da Tommasi e Beretta è ritenuto un grande ostacolo. Alla fine, con le loro rose imbottite di prestiti e di acquisti a rate, la squadre di A torneranno in campo e potremo parlare finalmente delle solite cose. Stefano Olivari