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Arbitri, un anno senza ducetti

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Al netto dei dossier di parte e dei lamenti preventivi, quella degli arbitri italiani è stata una buona stagione. Non tanto per la gestione degli episodi, perchè sanza ausilio della tecnologia l'errore anche macroscopico è sempre dietro l'angolo, quanto per la gestione tecnica e umana delle partite. Non ci sono più i mammasantissima, nemmeno gli internazionali si comportano come i Collina o i De Santis (tanto per citare i due poli estremi del sistema, dal punto di vista etico comunque su pianeti diversi) di una volta con i giocatori: poca teatralità, poca arroganza, minor numero di falli di confusione fischiati, minore ricorso alle ammonizioni chirurgiche (quelle al centrale difensivo o al centrocampista incontrista nei primi minuti della partita) o alle punizioni sulla tre quarti assegnate random, rispetto per chi è in campo evitando atteggiamenti da ducetti. Con buona pace dei nostalgici di Moggi, si sta meglio adesso anche se il numero di squadre che può puntare allo scudetto non è aumentato (anzi, è vero il contrario: ma i motivi sono finanziari). L'osservazione sulle troppe espulsioni, fatta dal presidente dell'Aia Nicchi a RadioRai, è fondata solo parzialmente: 109 rossi in A contro i 62 della Premier League e i 59 della Bundesliga, è vero, ma basta seguire le partite inglesi e tedesche per rendersi conto del perché: in Germania si gioca spesso sottoritmo, mentre in Inghilterra simulazioni e tensione sono a un livello decisamente inferiore che da noi. Questa la realtà sotto gli occhi di tutti, con errori ben visibili ma un sistema meno oppressivo e opprimente di quello che ha reso poco credibili non solo quelle due stagioni per cui ci si sta scannando ma anche le dieci precedenti. Perché poi rispetto agli anni bui di Calciopoli può non essere cambiato il numero di errori, difficile da quantificare statisticamente (se non per gioco, come nella indimenticabile 'Classifica alla moviola' di Maurizio Mosca all'Appello del martedì), ma è di sicuro cambiata la loro percezione. Oggi di moviole parlano tifosi e giornalisti-tifosi, come è giusto, più qualche arbitrologo che vive nel suo mondo, qualche anno fa invece le rubriche sui giornali e soprattutto quelle televisive erano occupate militarmente da chi doveva dimostrare contro ogni evidenza che un fuorigioco era di cinque metri invece che di pochi centimetri o che quel contatto in area sembrava sì inesistente ma che forse, guardando bene, con un'altra inqiuadratura...Non che Nicchi e Braschi non facessero parte di quel mondo, oltretutto con ruoli di primo piano, così come gran parte dei protagonisti del calcio di oggi, ma è semplicemente cambiato il contesto che li circonda e che li giudica. E questo ai tanti uomini di Moggi (giornalisti raccomandati, direttori sportivi maneggioni, allenatori al decimo esonero, web-avvocati della porta accanto) proprio non va giù. Ragazzi, fatevene una ragione: è finita. La Juventus tornerà a vincere senza di voi, che sarete ricordati per quello che siete. Stefano Olivari stefano@indiscreto.it