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Il fallimento della serie A

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In serie A i 'cinque più quindici' si stanno scannando sul campione rappresentativo per i sondaggi, ma non sanno spiegare il profondo rosso nei bilanci di quello che, al di là del facile disfattismo, rimane uno dei principali tornei calcistici del mondo. Lo studio della Deloitte sulla situazione finanziaria della serie A, aggiornato a tutta la stagione 2009-10, ha infatti evidenziato che il risultato d'esercizio complessivo della Serie A nella stagione è stato negativo per 250 milioni di euro complessivi. La perdita della gestione ordinaria passa dai 93 milioni di euro nella stagione 2008-2009 ai 196 di quella seguente. Ancora peggio l'indebitamento, che in aggregato ammonta a 611 milioni di euro su un fatturato complessivo di 1.736 milioni: giova ricordare che il 52% di tale fatturato viene direttamente dai diritti televisivi e che i costi conessi al personale (cioè fondamentalmente ai giocatori), fra ingaggi ammortamenti, ammontano all'80% del valore della produzione. Siccome gli altri costi ammontano circa al 30%, si evince che la serie A sta andando verso il baratro a colpi di 10% l'anno: come se una famiglia, nostra traduzione, in cui entrano 36mila euro l'anno ne spendesse ogni anno 40mila. E questo per più anni di fila, finendo nelle fauci del mitico credito al consumo (cioè le banche che non danno interessi sul vostro conto corrente, ma vi prestano i soldi attraverso loro controllate a tassi da strozzinaggio). Con i numeri ci fermiamo qui, anche se sono fondamentali per capire il futuro di questa Lega dopo il mini-golpe (così almeno è stato vissuto dai soliti noti, da Galliani a Paolillo) del voto di Beretta in favore delle piccole. E' evidente che la via di uscita non è quella di aumentare il fatturato all'infinito, visto anche che difficilmente i contratti televisivi saranno rivisti al rialzo: sia nel satellitare che nel digitale terrestre siamo davanti a puri monopoli, oltretutto con ottime aderenze all'interno della Lega (chissà come mai Galliani ha sempre avversato la nascita della tivù di Lega, una vecchia idea di Matarrese). Dovranno quindi calare i compensi ai calciatori, fra l'altro il non detto dell'indagine riguarda il 'nero' che sfugge a ogni statistica ma che comunque riguarda direttamente gli azionisti di maggioranza delle società. E si dovrà fare una scelta: calcio degli sceicchi, con spese no limits a patto di avere padroni con i soldi (modello italiano, spagnolo, ma al di là dell'esterofilia anche inglese: a meno che quelli del Manchester City siano definibile 'investimenti'), o calcio che si autofinanzia o cerca di farlo (modello francese e tedesco)? L'importante è avere un'idea, non sembra che al momento in serie A ce l'abbiano al di là del soffiare qualche milione televisivo alla provinciale vorace. Stefano Olivari