Quest’anno in Europa solamente il
Fenerbahce è uscito imbattuto dal
Wankdorf di Berna. Per il resto lo
Young Boys di
Vlado Petkovic ha avuto ragione di tutte le squadre ospitate, dal
Tottenham Hotpsur al
Getafe, dall’
Odense allo
Stoccarda fino ai campioni di Russia dello
Zenit San Pietroburgo, sconfitti in rimonta 2-1 nell’andata dei sedicesimi di Europa League.
I gialloneri sono una macchina da calcio bella e imperfetta, non riuscendo a proporre con continuità un gioco marcatamente offensivo che nei suoi momenti migliori riesce a mettere in difficoltà anche l’avversario più quotato. Una difesa non all’altezza e i tanti cali di tensione nel corso dei novanta minuti rappresentano il tallone d’Achille più evidente – ancora di più nell’attuale stagione rispetto a quella passata, dove lo Young Boys ha perso il titolo nazionale all’ultima giornata – della compagine svizzera, quasi sempre costretta a viaggiare a ritmi spediti per segnare un gol in più dell’avversario.
Il bosniaco
Senad Lulic, esterno classe 1986, è la personificazione dei pregi e dei difetti dello Young Boys. Il numero che si è inventato contro lo Zenit – dribbling tra due uomini e tocco felpato in pallonetto a scavalcare il portiere – ha offerto un piccolo saggio di tutte le sue qualità. Lulic possiede estro, dinamicità e potenza. Gli manca la capacità di dosare il proprio talento lungo tutto l’arco della partita. Si accende e si spegne, con fiammate brevi ma intense. Proprio come lo Young Boys, capace di stritolare nella prima mezzora il
Tottenham nei preliminari di Champions (parziale 3-0, con Lulic immarcabile) per poi spegnersi lentamente rischiando la clamorosa rimonta (la partita è finita 3-2). Copione simile contro lo Stoccarda sotto la neve; per Lulic una prima mezzora alla
Messi, poi il buio fino alla sostituzione. Andamento dell’incontro: 1-0, 1-2, 4-2 (nei minuti finali).
In Svizzera sostengono, non a torto, che se Lulic possedesse la giusta continuità non giocherebbe più nella
Super League da tempo. E’ un cavallo pazzo nel senso buono del termine; in campo è una mina vagante, imprevedibile tanto tatticamente quando come rendimento, mai però dal punto di vista comportamentale. Tuttavia il bosniaco è una scommessa che vale la pena di tentare. Arrivato in Svizzera all’età di 12 anni, ha iniziato la carriera come cursore di fascia, un jolly utilizzabile tanto in difesa quanto in mediana. A
Bellinzona Vlado Petkovic lo ha spostato ancora più avanti, ala sinistra nel 3-4-3: nella stagione 2007/08 i granata hanno conquistato la promozione in
Super League e raggiunto la finale di
Coppa di Svizzera, con Lulic in doppia cifra nonché marcatore in entrambi i match dello spareggio-promozione contro il
San Gallo. Poi si è trasferito al
Grasshopper, giocando indifferentemente esterno (destro o sinistro) in un centrocampo a quattro oppure trequartista sinistro nel 4-2-3-1. Una posizione, quest’ultima, che ricopre stabilmente nello
Young Boys, che lo ha acquistato la scorsa estate per espresso volere del suo “mentore”
Petkovic. A Berna sta arrivando la maturazione definitiva. L’
Europa League rappresenta la miglior vetrina per dimostrarlo.