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Questo non è un sabato come gli altri. Stasera c’è una partita-simbolo, Cesena-Milan, per la quale - lo dico senza infingimenti - tiferò bianconero. Come si fa a non solidarizzare con la squadra più povera del campionato quando incontra la più ricca del gruppo? È un po’ la storia degli indiani che si scelgono da bambini al posto dei cowboy. Se non passi a fare il politico, resti con i deboli. Ma è una partita-simbolo, come dicevo, perché riassume in 90 minuti la disparità che si è venuta a creare in vent’anni esatti di Serie A. Anche nella stagione 1990-91, come ricordano nel loro bel saggio “Il pallone nel burrone” Salvatore Napolitano e Marco Liguori (Editori Riuniti, 2004), Milan e Cesena erano rispettivamente la più ricca e la più povera del torneo. Ma il rapporto era di 4,81 volte (66,9 miliardi di lire contro 13,8 miliardi). Oggi la forbice è di 27 volte, più che quintuplicato. Il Milan nel 2009 ha fatturato 327,6 milioni di euro, il Cesena 12. Va inoltre ricordato che nell’inchiesta pubblicata dalla Gazzetta pochi giorni fa, il Milan risulta pagare ogni anno 130 milioni di euro di stipendi, il Cesena appena 8,3. Pure qui primi e ultimi della graduatoria. In campo, al Manuzzi, dovrebbe finire 13-0. Invece non succederà ed è già un miracolo. E per stasera Forza Cesena. a.