L’Italia ha vinto la quarta Coppa Davis della sua storia, la terza consecutiva, la prima alzata in patria: Bologna 2025 dopo Santiago 1976 e Malaga 2023 e 2024. Per l’ambiente e le premesse ci sentiamo a caldo di dire che questa di Berrettini e Cobolli è stata la più emozionante di tutte, visto che quella storica del 1976 non fu proprio una vittoria all’epoca condivisa ed infatti non fu di fatto festeggiata nemmeno dai suoi protagonisti: sarebbe diventata un mito molti anni dopo, in quanto unica e in quanto sintesi del mondo dei Pietrangeli e di quello dei Panatta.
Eppure sul piano sportivo la Davis 2025, al netto della partita epica di Cobolli contro Bergs in semifinale, con i 7 matchpoint annullati e tutto il resto, è stata per gli azzurri un successo più lineare di quelle del 2023, quando per due volte (di cui una contro la Serbia di Djokovic) ci volle il doppio Sinner-Sonego, e del 2024 quando Sinner e Berrettini nei quarti fecero il punto decisivo contro l’Argentina. Senza offesa, questa volta la Davis è stata vinta senza mettere in campo la migliore squadra possibile, per i forfait di Sinner e Musetti giustificati da quelli della parrocchietta e poco compresi dal medio appassionato di tennis, non si dice dal canottierato che prima di Sinner non sapeva nemmeno contare i punti. E del resto non c’era nemmeno la Spagna vera, sia pure con i migliori due più giustificati (Alcaraz infortunio e Davidovich-Fokina per lite con Ferrer), una Spagna capace di sovvertire il pronostico con cechi e tedeschi.
Dire che questa Italia ha vinto la Davis anche contro Sinner e Musetti è esagerato, ma è umano che la gioia di Berrettini e Cobolli, per non dire di Volandri, sia quella dei sottovalutati che ce la fanno. Anche se poi il finalista di Wimbledon 2021, ora numero 56 ATP dopo una stagione senza squilli, a Bologna ha battuto Rodionov (177), Collignon (86) e Carreno Busta (89), mentre il numero 22 Cobolli ha battuto Misolic (79), Bergs (43) e Munar (36). Insomma, non c’è da gridare al miracolo perché la lotteria del doppio è stata evitata sempre battendo avversari teoricamente più deboli.
La grandezza di questa quarta Coppa Davis è averla vinta con il terzo e il sesto giocatore italiano, come se nel 1976 Pietrangeli avesse schierato Zugarelli e Di Domenico. Poi si possono fare gli schizzinosi e i nostalgici sulla formula, senza però dimenticare alcune maratone più noiose che drammatiche, i furti sistematici (almeno fino a Cecoslovacchia-Italia 1980), le partite della domenica spesso inutili, oltre ai tanti forfait dei grandi anche quando c’era la presunta ‘vera’ Davis. Diversamente la Svizzera dei molto teorici Federer e Wawrinka avrebbe dovuto vincere 15 Davis invece di una. E nessuno giustamente ricorda che nel 1976 l’Italia affrontò nella semifinale della zona europea una Svezia senza Borg. Detto questo, il fuoriclasse come Sinner può nascere ovunque, ma vincere la Davis con le seconde linee ha un valore enorme. Tennis vero, anche se non è quello di Sinner-Alcaraz, emozioni verissime.
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