Una finale fantastica del Roland Garros è stata vinta da Carlos Alcaraz ma ha anche aggiunto molto alla carriera di Jannik Sinner, che ha avuto tre matchpoint sul 5-3 del quarto set e in certe fasi ha dominato lo spagnolo, il cui 100% è però leggermente superiore a quello dell’italiano, come ha dimostrato anche nel super tie-break, senza stare a ricordare gli scontri diretti. Le considerazioni storiche fatte a caldo sono ridicole, ma corriamo il rischio: questa è stata la finale del Roland Garros più bella della storia Open e non per le cinque ore e mezzo o le emozioni, vissute in mille altre partite, ma per la qualità assoluta con cui hanno giocato questi due fuoriclasse nelle fasi medie e nei momenti chiave. Fuoriclasse che non hanno una dimensione fuori dal campo, per lo meno una dimensione interessante, ma compensano questa mancanza con un tennis estremo e molto differente da quello dell’avversario.
Questo 4-6 6-7 6-4 7-6 7-6 promette di essere ricordato come il Borg-McEnroe di Wimbledon 1980, soprattutto se le carriere di Alcaraz e Sinner proseguiranno a questo ritmo: il numero 2 del mondo, 22 anni compiuti un mese fa, è al quinto trofeo dello Slam (e secondo Roland Garros), il numero 1 invece ne ha vinti 3 ma promette di recuperare grazie alla sua netta superiorità sul cemento, mentre sull’erba di Wimbledon la risposta di Sinner potrebbe in parte annullare la differenza teorica in favore di Alcaraz. In ogni caso il tennis, sport psicologicamente duro come nessuno (vivacchiare è impossibile, o si va avanti o si va a casa), poco si presta alla retorica del ‘Grazie lo stesso’, dei co-campioni, delle sconfitte che valgono come una vittoria. Sinner ha perso un’occasione enorme sulla superficie meno amata, in un torneo dove aveva umiliato tutti: campioni come Lehecka, Rublev e Bublik sono sembrati al suo cospetto degli sparring partner, e in semifinale un Djokovic che ha dato il meglio che può dare un Djokovic trentottenne non ha comunque vinto un set.
La realtà è che i valori dei due fenomeni del tennis attuale e dei prossimi dieci anni, in attesa della crescita di un potenziale pari cilindrata (forse Fonseca), sono vicinissimi e che prendendo entrambi al 100% Alcaraz sulla terra e sull’erba sia più forte. Non tanto come è sembrato nella finale di Roma né di un niente come a Parigi, ma un po’ più forte sì, anche se la testa e la determinazione feroce di Sinner renderanno difficilissimo allo spagnolo tornare numero 1 del mondo in tempi brevi, per come è strutturata l'attività ATP. Ma adesso ripensiamo a una partita da pelle d’oca, ore di vita spese bene e nello sport capita raramente di dirlo a evento concluso. Grande Sinner, ma grandissimo Alcaraz che nei quinti set entra contro tutti in una zona quasi mistica, alla Senna. E che non viene battuto da Sinner ormai dal 2023, da prima che Sinner diventasse Sinner.
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