Cosa c'è che non funziona nel
Mondiale per club, nonostante un albo d'oro di lusso? San Paolo, Internacional, Milan, Manchester United, Barcellona, Inter, Corinthians, Bayern, Real Madrid... La manifestazione FIFA è appena iniziata, in Giappone per la settima volta nella sua storia, ma anche quest'anno interesserà soltanto ai tifosi delle squadre coinvolte e nemmeno a tutti.
Il primo problema è evidentemente la formula. Sette partecipanti, un numero che già di suo rende impossibile qualsiasi buona soluzione, un solo ottavo di finale (il Sanfrecce Hiroshima ha battuto due a zero l'Auckland City), due soli quarti (saranno Sanfrecce-Mazembe e Guangzhou-Club America) e poi finalmente le semifinali che vedranno l'entrata in scena di Barcellona e River Plate. La sensazione di un torneo zoppo non è quindi soltanto una sensazione.
Il secondo problema è quello del calendario, problema che già esisteva nella vecchia Coppa Intercontinentale (che almeno però si disputava in partita unica, dal 1980): giocare a dicembre significa interrompere la stagione europea, ma il punto è che a giocarsi il trofeo nominalmente più importante sono squadre in sostanza dell'anno precedente. Il Barcellona ha vinto la Champions il 6 giugno, il River Plate la Libertadores il 5 agosto, l'America il torneo CONCACAF il 29 aprile, l'Auckland City l'OFC Champions League il 26 aprile, soltanto le rappresentanti africane e asiatiche hanno ottenuto la qualificazione poche settimane fa. Non c'è insomma il pathos che dovrebbe avere un 'playoff del mondo', che quindi ha sempre (dal 2005, da quando il torneo è stato riproposto dopo l'esperimento brasiliano del 2000) il sapore di una serie di amichevoli e nemmeno di lusso nonostante le potenze economiche che stanno dietro a quasi tutti i club presenti.
Il terzo problema è la sede, sempre fuori dai giri che contano: su undici edizioni 'vere' sette volte si è giocato in Giappone, due in Marocco e due negli Emirati Arabi. È un discorso che a molti non piace, ma il fatto che si giochi lontano dai luoghi storici del calcio svaluta il prodotto. L'interesse mediatico, anche nei paesi che vivono di calcio parlato, è quasi nullo: in Italia bisogna però rendere merito alla RAI che ha acquisito i diritti per tutte e otto (ci sono anche la finale per il terzo posto e quella, agghiacciante, per il quinto) le dirette: domenica 20 la finale, alle 11 e 30 ora italiana.
Il quarto problema, che diventerà sempre più grave nel futuro prossimo, è che sul torneo grava il marchio FIFA. Al di là degli scandali del passato e del presente, la FIFA è in maniera strutturale nemica del calcio di club per la semplice ragione che vive soltanto del Mondiale e del suo indotto. Un po' Blatter e i suoi successori non hanno grande convenienza nel lanciare davvero il Mondiale per club, un po' non ce l'hanno le grandi europee e sudamericane nel penalizzare Champions e Libertadores (per non parlare della nuova America Champions League, che ha la potenzialità per fagocitare tutto). Per questo continueranno a entusiasmarsi soltanto i tifosi delle squadre in campo. Lo diciamo senza snobismo, perché quando c'erano le italiane in campo eravamo i primi battere la grancassa.
Twitter @StefanoOlivari