I finestrini abbassati dell'utilitaria di Matteo, il pi&ugrave; piccolo dei Ciofani, si fermano davanti al Matusa. Il cancello &egrave; chiuso e ad aspettarlo non c'&egrave; nessuno. Scende dalla macchina e dopo aver dato una sbirciatina all'interno sfruttando le feritoie chiama il magazziniere: &laquo;Gianluuu, mi apri?&raquo;. L'istantanea della scena, ed &egrave; un peccato non sia in bianco e nero, cristallizza il tempo e restituisce attraverso la sensibilit&agrave; dei suoi interpreti delle tradizioni che sembravano perdute. Qui a Frosinone si conoscono tutti. Saluti, scherzi e pacche sulle spalle tra chiunque. Non ci si priva del contatto umano, non si vagabondeggia con delle enormi cuffie alle orecchie e non si piega la testa allo smartphone. Pochi minuti pi&ugrave; tardi arriva Daniel, il fratello maggiore. Lo guardi e fai fatica a pensare che svolga un ruolo diverso da quello che riveste. &Egrave; il classico bomber del calcio romantico e spontaneo di provincia (Celano e Gela, per citarne alcune) che sgomita in area dando le spalle alle telecamere e segna a raffica obbligando gli addetti alle statistiche al lavoro straordinario. Matteo, invece, &egrave; un difensore e questa, probabilmente, &egrave; l'unica diversit&agrave; che anche l'occhio pi&ugrave; attento riesce a cogliere tra i due. Continuano il tour d'incontri, prima per&ograve; si preoccupano che le rispettive maglie siano state lavate. Il loro rapporto andrebbe mostrato a tutti coloro che per un motivo o per l'altro hanno smarrito la passione per lo sport. Sempre uniti, sin da piccoli, con in testa lo stesso obiettivo. Gli innumerevoli viaggi da Cerchio - un paesino abruzzese di circa 1800 abitanti - di pap&agrave; Tonino e mamma Emilia solo per vedere i due figli giocare allo stadio. Daniel e Matteo, oggi unici fratelli riuniti in una squadra di Serie A, hanno condiviso le giovanili a Pescara, poi hanno preso strade diverse. Nel 2013 il pallone li ha rivoluti&nbsp;insieme a Frosinone, nella squadra di Roberto Stellone. L&igrave; &egrave; cominciata l'apoteosi con la doppia promozione - in due anni - dalla Lega Pro alla Serie A, la prima della storia. La matematica &egrave; arrivata nella sfida casalinga contro il Crotone. Cos&rsquo;&egrave; successo al triplice fischio?  Daniel: &laquo;Poco prima che finisse la partita ho guardato Matteo, dicendogli che ci saremmo visti dentro gli spogliatoi per evitare l&rsquo;invasione. Ricordo che siamo scappati entrambi lasciandoci andare a un lunghissimo abbraccio. Una gioia immensa, un sogno che si &egrave; finalmente realizzato&raquo;.  Matteo: &laquo;Faccio ancora fatica a comprendere, difficilmente andr&agrave; via l&rsquo;emozione del passaggio in Serie A. Era arrivato il momento in cui nessuno dei due ci sperava, per et&agrave; e carriera calcistica, ora invece cerchiamo di vivere tutta questa situazione con assoluta serenit&agrave;. Certo: incrociare i giocatori della Roma nel sottopassaggio non capita tutti i giorni&raquo;.  Come non capita tutti i giorni il doppio salto di categoria.  Daniel: &laquo;&Egrave; stato qualcosa di non preventivabile, anche se in Lega Pro l&rsquo;obiettivo principale era quello di vincere il campionato. E sai che non &egrave; sempre facile mantenere le aspettative, per&ograve; siamo stati nelle prime posizioni dalla prima all&rsquo;ultima giornata. &Egrave; arrivata la sconfitta cocente di Perugia &ndash; scontro diretto, se fosse andata in maniera diversa avremmo conquistato direttamente la B &ndash; che ci ha mandato ai playoff. Siamo riusciti a battere Salernitana, Pisa e Lecce: per me la vera impresa dei due anni &egrave; stata questa, perch&eacute; qualsiasi squadra avrebbe subito un contraccolpo psicologico. La promozione dello scorso anno &egrave; andata via in modo pi&ugrave; tranquillo, nel senso che non partivamo da favoriti e alla fine eccoci qui&raquo;.  Le parole di Lotito (&laquo;Il Frosinone in A non vale un c..&raquo;) hanno giocato a vostro favore?  Daniel: &laquo;&Egrave; un grande conoscitore di calcio. Direi che &egrave; stato un profeta&raquo;.  Matteo: &laquo;Personalmente non mi hanno toccato pi&ugrave; di tanto perch&eacute; sono cose che ha detto lui, ma che pensano un po&rsquo; tutti. Ovvio, non &egrave; stato un gentiluomo e da l&igrave; abbiamo capito che potevamo dar fastidio a molti, trovando quella spinta in pi&ugrave; che ci ha portati dove siamo adesso&raquo;.  Avete organizzato una festa in famiglia?  Daniel: &laquo;Certo, ci sembrava il minimo. Ne abbiamo approfittato per unire un po&rsquo; di cose, compreso il compleanno di pap&agrave;. Abbiamo fatto s&igrave; che ci fossero tutti i parenti. Stando stretti, eravamo circa una novantina&raquo;.  Quanti?  Matteo: &laquo;Hai capito bene. Gi&agrave; dalla parte di mamma sono sette fratelli. Non &egrave; stato semplice&nbsp; riuscire a trovare una data utile a tutti&raquo;.  Cosa vuol dire avere un fratello che gioca nella tua stessa squadra?  Daniel: &laquo;&Egrave; difficile perch&eacute;, al di l&agrave; del fatto che ci si capisca con uno sguardo, le emozioni &ndash; sia in positivo che in negativo &ndash; sono sempre amplificate. Quando le cose vanno bene per uno ma non vanno bene per l&rsquo;altro, non c&rsquo;&egrave; felicit&agrave; nell&rsquo;affrontare la settimana. Per&ograve;, dico la verit&agrave;, vincere due campionati con accanto la persona che ami di pi&ugrave; &egrave; qualcosa di impagabile. Il nostro &egrave; un rapporto talmente stretto che potremmo sfidare chiunque&raquo;.  Matteo: &laquo;&Egrave; un privilegio che soltanto poche persone possono provare, &egrave; un qualcosa di unico. Ci diamo forza a vicenda, viviamo nelle stesse impressioni, &egrave; una vera e propria favola: due fratelli di un piccolissimo paese abruzzese giunti in A&raquo;.  Nell&rsquo;estate del 2013 il Frosinone acquista Daniel e qualche settimana dopo Matteo. Salti di gioia da parte dei vostri genitori?  Daniel: &laquo;Contentissimi, era la situazione migliore che si potesse verificare. Hanno preso due piccioni con una fava perch&eacute; non si dovevano pi&ugrave; dividere per seguirci durante le partite. Ora hanno anche il posto riservato in tribuna&raquo;.  E prima come si regolavano?  Matteo: &laquo;Dipendeva tutto dalla lontananza da casa, a volte per&ograve; capitava di far quadrare tutti e due gli impegni. Nel senso che io potevo giocare il sabato e magari Daniel la domenica. Era un bel tour de force, ma per loro ne valeva sempre la pena&raquo;.  Vivete insieme?  Daniel: &laquo;Ora non pi&ugrave;, stiamo con le nostre rispettive ragazze. Il primo anno abbiamo diviso casa. Com&rsquo;&egrave; andata? Bene, siamo saliti in Serie B (guarda il fratello e scoppia a ridere, ndr). No, dai, pensavo di dover affrontare pi&ugrave; problemi perch&eacute; ognuno viveva per i fatti propri da diverso tempo. Non &egrave; una passeggiata ritrovarsi, con il proprio fratello, a 26-27 anni. Invece &egrave; andata alla grande&raquo;.  Matteo: &laquo;Quando le ragazze ci hanno chiesto di andare a convivere, non volevamo separarci. Ma &egrave; un passo che prima o poi va fatto&raquo;.  Terminati gli allenamenti e le partite, uscite insieme?  Daniel: &laquo;S&igrave;, abbiamo le stesse abitudini. Stiamo a 800 metri di distanza e ci troviamo anche a piedi. Capita di andare spesso fuori a mangiare una pizza. Chiaramente non tutte le sere. A volte preferiamo stare a casa da soli con le nostre dolci met&agrave; e riposarci&raquo;.  Daniel, il miglior pregio e il peggior difetto di Matteo?  Daniel: &laquo;La sua qualit&agrave; pi&ugrave; importante &egrave; senza dubbio la testa, la concentrazione. Raramente si sbaglia sulle persone, riesce a inquadrarle in un attimo. &Egrave; una grande dote, da apprezzare sia sul campo che fuori. Ha anche un&rsquo;intelligenza tattica superiore alla norma, che magari sopperisce ad alcune lacune atletiche che pu&ograve; avere nei confronti di altri atleti. Il peggior difetto? Pu&ograve; essere lo stesso. No, scherzo. Forse pensa troppo, in certi contesti dovrebbe lasciarsi andare maggiormente&raquo;.  Matteo: &laquo;Io penso troppo? Senti chi parla!&raquo;.  Daniel: &laquo;Eh, lo so. Siamo uguali. Per&ograve; dovrebbe, per quanto possibile, farsi scivolare le cose di dosso. Ma questa &egrave; una caratteristica familiare che purtroppo manca&raquo;.  Matteo, il miglior pregio e il peggior difetto di Daniel?  Matteo: &laquo;La tenacia. Ottiene sempre ci&ograve; che vuole. Ha conseguito gli studi con grande voglia (&egrave; laureato in scienze motorie, ndr), qualit&agrave; che io non ho avuto. &Egrave; brillante, anche se l&rsquo;essere troppo brillanti talvolta pu&ograve; essere un limite. E poi &egrave; permaloso, molto pi&ugrave; permaloso di me. Ecco, diciamo le cose come stanno!&raquo;.  Quando &egrave; cominciata la vostra storia con il pallone?  Daniel: &laquo;Da piccoli. Pap&agrave; ci regal&ograve; una porta da calcetto che piazzammo davanti casa e da l&igrave; ore e ore trascorse cercando di far gol. Chi si stancava? E se faceva troppo freddo, subito dentro a giocare con la palletta di spugna. Non abbiamo avuto una scuola calcio. Ora capita di vedere alcuni ragazzini che le frequentano: indossano le scarpe gialle e non sanno neanche camminare. Pensano di essere gi&agrave; arrivati. Di palloni e giocatori ne ho visti passare tanti, ma per sfondare in questo mestiere ci vogliono tante cose. Una delle nostre fortune &egrave; stata quella di crescere con Di Mascio (all&rsquo;epoca responsabile del settore giovanile a Pescara, ndr), il quale ci ha tenuti con i piedi per terra. Comunque non si pu&ograve; capire quello che sta realmente succedendo fino a quando non entri in campo per la prima volta da professionista&raquo;.  I genitori sono sempre stati d&rsquo;accordo? Di solito spingono per la carriera universitaria.  Matteo: &laquo;S&igrave;, ci hanno appoggiato. Soprattutto pap&agrave;, grande tifoso milanista, di calcio e di tutte le partite del mondo. &Egrave; un uomo pieno di passione. Siamo diventati quello che voleva diventare lui e ce l&rsquo;abbiamo fatta&raquo;.  Daniel: &laquo;Il tifo di mamma invece deriva da pap&agrave;, guarda tutte le partite e non utilizza mai le parole fuori posto. La discrezione &egrave; una delle loro pi&ugrave; grandi qualit&agrave;, li abbiamo educati anche noi. Non si permettono di rivolgere dalla tribuna un qualcosa di offensivo a un altro giocatore. &Egrave; probabile che abbiano il loro pensiero, ma se lo tengono stretto. Provo fastidio nei confronti di chi, allo stadio, critica al primo errore&raquo;.  Ma a tavola con loro si parla di calcio o di altro?  Daniel: &laquo;I pranzi e le cene a Cerchio racchiudono il momento del racconto e dello sfogo. Quello che magari per telefono &ndash; ora che siamo diventati pi&ugrave; grandi &ndash; eviti di dire per non destare facili preoccupazioni. Perch&eacute; poi, sai, anche i genitori si caricano delle tue inquietudini. Spesso diciamo che va tutto bene, anche quando tutto bene non va. Ma, al di l&agrave; di tutto, il calcio la fa da padrone&raquo;.  Daniel &egrave; dell&rsquo;85, Matteo dell&rsquo;88. Vi siete mai incrociati a scuola?  Matteo: &laquo;S&igrave;, abbiamo frequentato lo stesso istituto. Tu (si gira verso Daniel con lo sguardo corrucciato, ndr) facevi il quinto e io il secondo?&raquo;.  Daniel: &laquo;No, tu facevi il primo e io il quarto! Niente partite di calcio, eravamo gi&agrave; nelle giovanili del Pescara&raquo;.  Gli amici di Cerchio chi preferiscono?  Daniel: &laquo;Non abbiamo la stessa comitiva, in paese non usciamo spesso insieme. Forse Luca &egrave; l&rsquo;unico anello&raquo;.  Matteo: &laquo;Io ho la mia combriccola che tifa per me!&raquo;.  I modelli ai quali vi ispirate?  Daniel: &laquo;Van Basten. Ho iniziato la &lsquo;pallonite&rsquo; acuta durante quegli anni, conosco i gol a memoria, ho visto cassette e tutto l&rsquo;inimmaginabile. Il mio saltello prima del rigore &egrave; in suo onore, anche se io ne faccio due e non ho ancora capito il perch&eacute;&raquo;.  Matteo: &laquo;Maldini mi ha accompagnato sin da quando sono nato e non si &egrave; pi&ugrave; fermato. Diciamo che &egrave; stata una carriera un po&rsquo; lunga. Che campione&raquo;.  Gli avversari che vi hanno impressionato maggiormente?  Daniel: &laquo;Se devo fare un nome, tra quelli dello scorso anno dico Spolli. &Egrave; evidente che avesse gi&agrave; giocato in una categoria superiore: fisicamente &egrave; il top. A parte i nostri difensori, che sono forti. Lo so per certo perch&eacute; li incontro ogni settimana in allenamento&raquo;.  Matteo: &laquo;Uno duro da affrontare &egrave; stato Pinilla, ma il meglio deve ancora arrivare&raquo;.  Siete riusciti ad andare in gol nella stessa partita?  Matteo: &laquo;Frosinone-Lecce dell&rsquo;8 dicembre 2013. In quell&rsquo;occasione non c&rsquo;erano i nostri genitori, forse &egrave; stata l&rsquo;unica che si sono persi. Meglio cos&igrave;, chiss&agrave; se avrebbero retto all&rsquo;emozione. Daniel ha fatto doppietta, io la rete del 3-1&raquo;.  Daniel: &laquo;&Egrave; stata la sfida che ci ha proiettato al secondo posto, alla caccia del Perugia. L&rsquo;allenatore dei salentini era Lerda, che a Pescara mi aveva messo fuori rosa. Una piccola rivincita&raquo;.  In futuro la voglia &egrave; quella di continuare insieme?  Matteo: &laquo;Certo, ci siamo impegnati per creare il quadretto familiare...&raquo;  E i vostri figli, un giorno, cosa sentiranno dai loro genitori?  Daniel: &laquo;Intanto compriamo una decina di copie a testa del giornale, tra qualche anno quest&rsquo;intervista varr&agrave; un bel gruzzoletto. Adesso la viviamo, sperando di dover raccontare tante altre cose. Questo vuol dire che siamo solo all&rsquo;inizio&raquo;.  Va bene, ragazzi, abbiamo finito.  Daniel: &laquo;Aspetta, come fai a distinguere la mia voce dalla sua? Abbiamo uguale anche quella!&raquo;.  &nbsp;  @damorirne  Guerin Sportivo (novembre 2015)

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«Frosinone Brothers», intervista ai Ciofani