Paolo Di Canio, un grande talento tra Serie A e Premier League

Paolo Di Canio, un grande talento tra Serie A e Premier League

Attaccante dall'estro fuori dal comune, nel corso della sua carriera ha legato il suo nome alla Lazio e al West Ham

Alessio Abbruzzese/Edipress

09.07.2023 ( Aggiornata il 09.07.2023 09:53 )

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Roma, anni ’70. Al Quarticciolo, periferia est della Capitale, un ragazzino figlio di un muratore quando può sale sulle grandi terrazze delle case popolari e si diverte a giocare a pallone con fratelli e amici. Come scriverà da adulto nella sua autobiografia, gli slalom tra i gradini, i panni stesi e i lavatoi, gli fanno affinare quella tecnica cristallina che anni dopo gli permetterà di calcare i grandi campi della Serie A e della Premier League. Parliamo, ovviamente, di Paolo Di Canio.

Gli inizi nella Lazio e la carriera in Serie A

Che quel ragazzino abbia qualcosa di speciale se ne accorge subito la Lazio, che lo preleva dalla Pro Tevere Roma e gli fa fare tutta la trafila nelle giovanili. Il legame tra Di Canio e la squadra capitolina diventa viscerale e lo rimarrà per sempre nonostante la sua carriera si svilupperà altrove: il giovane attaccante in quegli anni oltre a vestire la maglia biancoceleste frequenta infatti assiduamente la curva e gli Irriducibili, neonato gruppo portante del tifo organizzato laziale.

Attaccante dal grande estro, Di Canio gioca principalmente da seconda punta o da esterno d’attacco. Le sue grandi doti tecniche lo rendono un giocatore imprevedibile per le difese avversarie, che impensierisce sia con il dribbling che con le sue capacità balistiche. È inoltre dotato di un’ottima visione di gioco che nel corso della carriera lo porteranno a fornire numerosissimi assist.  

Dopo una parentesi in prestito alla Ternana, esordisce in Serie A con la maglia biancoceleste il 9 ottobre del 1988, e pochi mesi dopo entra definitivamente nell’Olimpo degli eroi laziali. È il 15 gennaio del 1989, a Roma si torna a giocare il derby dopo tre anni di assenza forzata dovuta alla Lazio in Serie B. Inutile dire che i pronostici della vigilia siano tutti a favore dei giallorossi, ma il campo dirà un’altra cosa. Allo Stadio Olimpico i biancocelesti, più affamati e grintosi, mettono i romanisti alle corde: Di Canio sembra indemoniato, fa impazzire Nela e al 25esimo porta in vantaggio i suoi, segnando di destro sotto la Curva Sud, prima di correre indicando in maniera irriverente il settore giallorosso, proprio come aveva fatto Chinaglia 15 anni prima. I giallorossi, zavorrati da un Portaluppi inconsistente, non pungono mai, il derby è della Lazio.

Le parentesi con Juve, Napoli e Milan

Le strade della Lazio e di Di Canio sono però destinate ad allontanarsi, almeno momentaneamente, quando Calleri nell’estate del 1990 lo vende alla Juventus. Qui il talento del Quarticciolo non riesce mai a trovare spazio per via del rapporto burrascoso con Trapattoni e chiede di essere mandato in prestito. I bianconeri esaudiscono il desiderio del giovane che finisce al Napoli di Lippi, dove segna 5 reti in 26 presenze in campionato. Tornato alla Juventus, viene venduto al Milan, dove vince il primo e unico scudetto della sua carriera nella stagione 1995-96. Il suo carattere spigoloso lo porta a deteriorare irrimediabilmente il suo rapporto anche con il tecnico rossonero Fabio Capello. Decide così di salutare l’Italia e intraprendere una nuova avventura Oltremanica. 

Gli anni nel Regno Unito tra follia e fair play

Nella stagione successiva approda a Glasgow, sulla sponda biancoverde del Celtic. Qui rimane una sola stagione prima di trasferirsi allo Sheffield Wednesday. Durante il primo anno si rende protagonista di un campionato più che discreto, nella seconda stagione viene fermato dalla lunghissima squalifica inflittagli dalla Football Association dopo aver spinto l’arbitro Paul Alcock. È nel dicembre del 1998 che trova il club che considererà come una seconda casa: il West Ham United. A Upton Park fa letteralmente innamorare il pubblico degli Irons che lo incorona Hammer of the Year nel 2000 e lo inserisce nel Dream Team di tutti i tempi del club. Nelle cinque stagioni passate a Boleyn Ground colleziona 51 reti in 141 presenze diventando una leggenda della squadra londinese. In questi anni finisce sul taccuino di molti club, in primis del Manchester United di Ferguson, che prova in più occasioni di portarlo con sè. “Quando ero al West Ham nel 2001, il giorno di Natale mi arrivò una telefonata all’ora di pranzo. Risposi e dall’altro lato della cornetta udii una voce cupa con l’accento scozzese. Dissi in inglese ‘Chi parla?’ Mi sentii rispondere: ‘Sono Alex’. ‘Alex chi?’ ‘Alex Ferguson’. Risposi con parolacce in italiano, perché pensavo fosse lo scherzo di un amico. Non potevo credere che Alex Ferguson potesse chiamare me, a Natale. Invece, lui continuò a parlare e la cosa diventò seria: ‘Vuoi venire da noi?’ ‘I can’t! È un grande onore, ma voglio restare al West Ham e chiudere la mia carriera qui!’” racconterà anni dopo l’attaccante italiano.

Di Canio, capace di colpi geniali e comportamenti folli, viene spesso ricordato anche per il celebre gesto di fair play del 18 dicembre 2000. Siamo a Goodison Park quando l'estremo difensore dell'Everton esce dalla sua area, si infortuna al ginocchio e rimane a terra. Sinclair mette al centro per Di Canio che, invece di battere a rete di prima intenzione, ferma la sfera con le mani, facendo ampi cenni con la mano come a dire "così no". Lo stadio lo tributa con una standing ovation. La Fifa lo premierà con il premio Fair Play.

Nel 2002-03 gli Hammers retrocedono e lo lasciano libero. Di Canio rimane ancora in Premier, questa volta al Charlton, prima di dire addio alla Gran Bretagna per tornare laddove tutto era cominciato.

 Il ritorno alla Lazio e gli anni da allenatore

Nell’estate del 2004 torna alla Lazio dopo 14 anni dal suo addio, acclamato dal popolo biancoceleste. Per la società capitolina sono tempi duri, i fasti cragnottiani degli anni ’90 sono terminati, il club e la squadra non navigano in acque tranquille. Di Canio rinuncia a due terzi dello stipendio che percepisce Oltremanica per tornare in quella che ha sempre definito la sua squadra del cuore. Nelle due stagioni in cui rimane in biancoceleste si rende protagonista di buone prestazioni nonostante l’età avanzata, culminate nel derby del 6 gennaio 2005, dove segna il gol del momentaneo 1-0 ed esulta di nuovo sotto la Sud, come nel 1989. Per dissidi con il presidente Lotito lascia il club nel 2006. Rimane due anni in C2 alla Cisco Roma prima di appendere gli scarpini al chiodo. Decide di intraprendere la carriera di allenatore e ritorna in Inghilterra, dove ottiene dei buoni risultati prima con lo Swindon Town e poi con il Sunderland. Oggi è uno dei commentatori di punta di Sky Sport, particolarmente apprezzato per la competenza e la profondità dei suoi mai banali interventi.

 

 

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