Guingamp-Roma: per Vincent Candela viaggio di sola andata

Guingamp-Roma: per Vincent Candela viaggio di sola andata

Arrivato nella Capitale nel gennaio 1997, il francese vi si è stabilito a fine carriera. Vincendo lo scudetto nel 2001, ha scritto indelebilmente il suo nome nella storia del club

Paolo Valenti/Edipress

20.01.2024 ( Aggiornata il 20.01.2024 08:01 )

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Gennaio 1997: la Roma di Carlos Bianchi si trova dinanzi al bivio che dovrà indirizzare la sua annata. In una classifica comunque corta, la squadra non riesce a spiccare il volo verso posizioni più congrue alle ambizioni di inizio stagione, quando il presidente Sensi aveva salutato Carlo Mazzone e ingaggiato Carlos Bianchi per trovare uno slancio verso l’alto che il profilo del nuovo tecnico sembrava poter garantire.


L’arrivo di Carlos Bianchi

 

Nell’estate del 1996, infatti, il palmares da allenatore dell’ex attaccante, tra le altre, di Paris Saint-Germain e Velez Sarsfield sembrava essere una garanzia di successo: tre campionati argentini, una Libertadores e un’Intercontinentale ne disegnavano un profilo elevato che avrebbe dovuto riavvicinare la Roma ai livelli di competitività dell’era Viola.
La stagione, però, non stava andando come preventivato. Un registro di partite dall’andamento altalenante, tendente al ribasso, aveva portato la Roma a chiudere il girone di andata in undicesima posizione, a pari merito con la Lazio. Ad ogni buon conto, con 23 punti, il distacco dall’Inter, terza in classifica, era di sole cinque lunghezze e la speranza di poter fare un girone di ritorno migliore si basava su due presupposti: l’affinamento del processo di conoscenza del calcio italiano e dei giocatori della rosa di Carlos Bianchi e il mercato invernale. Già, perché la squadra aveva dimostrato di aver bisogno di qualche innesto, soprattutto nel reparto arretrato. Nel 4-4-2 che l’argentino preferisce schierare in campo, gli interpreti della difesa si dimostrano per tre quarti inadeguati: Annoni e Lanna, abituati alle marcature centrali, non riescono a spingere sulle fasce come dovrebbero mentre il fido Trotta, richiesto esplicitamente da Bianchi per fare coppia in mezzo con l’inamovibile Aldair, in Italia sembra un dilettante allo sbaraglio. È lì che bisogna intervenire, cercando di trovare sul mercato soluzioni che possano aumentare il valore della difesa.


L’acquisto di Candela

 

Così, per sostituire Trotta, arriva dal Carpi, all’epoca militante in C1, la giovane promessa Pivotto mentre il giocatore scelto per prendere il posto di Annoni sulla fascia destra è il georgiano Tetradze. Rimane da riempire la casella del terzino sinistro: ed è in quella scelta che Franco Sensi riesce a fare l’acquisto che, per il presente e il futuro, si rivela fondamentale per le sorti dei giallorossi. Il suo nome è Vincent Candela e al pubblico non dice granché: sono in pochi a conoscere questo fluidificante che gioca a sinistra ma è tutto destro e proviene dal Guingamp, squadra francese che oppone mille resistenze prima di convincersi a cederlo. Una trattativa lunga, nella quale la volontà del giocatore diventa importante per essere sbloccata. Come in una storia a lieto fine, Candela arriva a Roma. Invero senza troppi clamori e curiosità eccessiva, che aleggiano più su Tetradze, già conosciuto a livello internazionale per le sue presenze nella nazionale russa. I tifosi gongolano: ”Co’ ‘na candela e tre tazze sistemamo tutto” affermano giocando sulle assonanze dei cognomi dei due nuovi acquisti, che scendono in campo insieme la prima volta il 2 febbraio 1997 in un Roma-Vicenza che finisce 2-0. La magia dura poco: Tetradze si perde tra infortuni e difficoltà di ambientamento, Carlos Bianchi viene esonerato e la squadra chiude male una stagione maldestra. Candela, in quel disastro, si rivela il salmone che sale la corrente, il fiore che nasce dal letame. L’Olimpico se ne accorge la prima volta in un Roma-Verona del 9 marzo 1997 quando, grazie anche a una sua doppietta, i giallorossi vincono 4-3 un match pirotecnico.


Nella storia della Roma

La sua voglia di emergere stride con i malesseri di uno spogliatoio che l’anno seguente verrà rivoluzionato con l’arrivo di Zeman, che in lui trova un punto fermo, da utilizzare all’occorrenza pure sulla fascia opposta o in mezzo alla difesa. Ma sarà con Capello che Candela troverà la sua capacità espressiva più matura, in grado di coprire tutta la fascia sinistra con le modalità che le circostanze di gioco richiedono. Vincent sa essere terzino, centrocampista e rifinitore e la sua simbiosi con i compagni e la città lo rende uno dei simboli più rappresentativi della Roma campione d’Italia 2000-01. Delle sue origini francesi sembra rimanere solo quella cadenza un po’ trascinata che si combina curiosamente con l’acquisito accento romano. Un legame, quello con la città eterna, che il tempo non cancellerà, nato in una sessione di calciomercato invernale nella quale Vincent Candela trovò la sua via, la sua verità, la sua vita.

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