Il Brøndby scrive la storia del calcio danese

Il Brøndby scrive la storia del calcio danese

Coppa Uefa 1990-91: Schemichel e compagni, in una piccola squadra della periferia di Copenaghen raggiunse i vertici del calcio europeo fermata solo dalla Roma

Marco D'Avanzo/Edipress

24.04.2024 ( Aggiornata il 24.04.2024 21:01 )

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È la favola di una squadra, o meglio, di una grande famiglia sita nella periferia occidentale di Copenaghen e più precisamente a Brøndby, nella frazione di Vestegnen; quartiere circondato da condomini e strade suburbane, popolato di gente dalla scorza dura e che, nella stagione 1990/91, sale alla ribalta europea riuscendo ad issarsi lassù, dove nessun’altra squadra danese era mai riuscita ad arrivare.

 

 

I padri fondatori del Brøndby

 

 

Brøndby: due squadre rivali - una della parte occidentale e l'altra di quella orientale della città - dopo anni di attriti e ripicche, decidono di seppellire l'ascia di guerra raggiungendo un sospirato accordo di fusione. È mercoledì 3 dicembre 1964. È il giorno della nascita del Brøndbyernes Idrætsforening, meglio conosciuto come Brøndby IF.

Assieme ad un imberbe e sgraziato difensore appassionato di pallone, Tom Køhlert, nel gennaio 1965 si presenta al centro sportivo per il primo allenamento della squadra anche Rudolf Bjerregaard. Rudolf è uno dei padri fondatori del club ed è uno che bazzica quel campo da anni, ovvero da quando si è trasferito assieme alla sua famiglia in un condominio a Brøndbyøster, dopo aver trascorso la prima fase della sua vita nello Jutland centrale. Ha un figlio di 16 anni, Per, abituato all'organizzazione certosina di Randers e tentato dalle giovanili del ben più quotato KB. Ci pensa e ci ripensa, poi, su consiglio paterno, decide di arruolarsi per la squadra del suo nuovo quartiere, perché Brøndby trasuda passione, nonostante dalle docce esca solo acqua fredda, i palloni siano contati e le righe del campo storte come solo possono esserlo in Serie 1, Kreds 2 - il sesto livello del calcio danese.

Per scalare la vetta però, la passione non è sufficiente. Serve la lungimiranza di un sindaco, Kjeld Rasmussen, che nel 1967 investe svariate Corone nella costruzione di un nuovo centro sportivo, con l'intento di attirare famiglie con bambini a Vestegnen; e serve il lavoro dei Bjerregaard, autentici tuttofare del club.

Bjerregaard junior frequenta l'Università e tiene botta come difensore per 114 partite, fino a quando non si rompe una gamba.

A quel punto intensifica gli studi in medicina e nel tempo libero si dedica ad attività funzionali al progetto fondando una rivista, arruolando volontari, allenando i bambini, contattando fornitori per la vendita del cibo durante le partite e occupandosi della sicurezza.

 

L'apporto dei Laudrup

 

Dopo la promozione in Danmarksserien (Serie D danese), ottenuta nel 1971 davanti a 600 persone, Per viene eletto Presidente su raccomandazione personale del sindaco Rasmussen e, come primo colpo, avvicina a Brøndby l'ex nazionale danese Finn Laudrup, rivestendolo dei gradi di allenatore-giocatore.

Finn è l'uomo giusto. La sua esperienza nel calcio ai massimi livelli e la sua autorevolezza portano propositi importanti - come l'ammodernamento dello stadio. I giornalisti fanno capolino sempre più spesso al campo di allenamento, la squadra si ritrova a cena ogni settimana per cementare il gruppo e per le partite di campionato, le aziende locali fanno la fila per sponsorizzare la squadra e veder inserito il proprio logo sulle magliette gialloblù.

Nel 1974 Finn trascina il Brøndby in Terza Divisione, ma l'anno seguente "tradisce" Bjerregaard per gli odiati rivali del KB proprio quando è prossimo in Danimarca lo sdoganamento del professionismo anche nei campionati minori (1978).

Tornerà cinque anni dopo e, malgrado non più giovanissimo, sarà protagonista della storica promozione del Brøndby nella massima Serie, come giocatore. In panchina, nel frattempo, si era infatti seduto Tom Køhlert, quel giovane e rude difensore presentatosi al primo allenamento del club e il suo calcio offensivo e idealista si era sposato a meraviglia con un artista del pallone come Finn Laudrup.

La stagione successiva Finn appende le scarpe al chiodo, ma si congeda alla grande, riportando “a casa” il figlio Michael.

«È un ragazzo di Brøndby. Si è solo fermato in prestito da quelli là per qualche anno...» scherzerà Per.

Con Bjerregaard dietro la scrivania, Køhlert allenatore e il giovane figlio d'arte a dipingere calcio, il Brøndby esordisce in Prima Divisione nel 1982, ottenendo un lusinghiero quarto posto. Miki, come prevedibile, è straripante e decisivo: segna 15 gol in 24 partite ed è il primo giocatore nella storia del club ad indossare la maglia della Nazionale. È il 15 giugno 1982 e ad Oslo, in tribuna ci sono gli osservatori del Liverpool e della Juventus. Farà i bagagli molto presto - Michael – seguendo le orme dei suoi più illustri connazionali: Allan Simonsen, Søren Lerby, Jan Mølby e Preben Larsen-Elkjær, autentico idolo per i tifosi del Verona, gialloblù, come le tinte che coloreranno le strade della capitale nel 1985. L'anno del titolo, dopo tre quarti posti consecutivi, che aprirà al club le porte della ribalta internazionale.

 

Assaggi d'Europa del Brøndby

 

L'onore di sedere in panchina per l'esordio in Coppa dei Campioni 1986/87 spetta a Ebbe Skovdahl, cognato di Finn Laudrup, anche se Brøndby Stadion è ancora un catino buono soprattutto per l'atletica: c'è la pista, ci sono i materassi e l'attrezzatura per il salto con l'asta, ci sono i faggi e i palazzi sullo sfondo. La Honved di Lajos Detari (quello che ha il «piede su cui cantano gli uccelli») pensa di farne polpette, invece affonda 4-1 in un festival di errori e di gol impossibili.

Si replica il turno successivo, aggredendo sin dalle primissime battute e poi superando l'ostica Dinamo Berlino, fino ad arrivare ai quarti di finale e all'esordio in prima squadra di un gigantesco portiere di origini polacche, da parte di padre. Si chiama Peter. È biondo, ha due spalle così e ha personalità da vendere. Schmeichel para tutto il parabile e la sua uscita disperata su Madjer non basta ad evitare l'amaro sapore della prima sconfitta europea contro il Porto. Nel ritorno a Copenaghen, Steffenssen illude i 22mila presenti in un clima polare, reso ancor più epico dalla neve a bordocampo, prima che un eccesso di generosità dei gialloblù avvii il contropiede letale di Juary.

La strada oramai è tracciata e il Brøndby è diventato azienda a tutti gli effetti passando, tra il 1981 e il 1988, da un fatturato annuo di 1,1 milioni di Corone a 25 milioni, tanto che Bjerregaard è costretto a lasciare il suo lavoro di medico per concentrarsi a tempo pieno nel club. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: secondo posto nel 1986 e nuovo trionfo in campionato nel 1987 con un terzo Laudrup in rosa. Brian è la copia sputata di papà Finn e del fratello Michael, un talento eccezionale che frutta al club due “scudetti” consecutivi nel 1987 e nel 1988 e soldi freschi dalle casse del Bayer Uerdingen.

In panchina saluta Skovdahl (tornato al Benfica) per lasciare il posto ad una specie di santone, una di quelle persone che dà l'impressione di trasformare in oro tutto quello che tocca: Morten Olsen. Con lui e con una squadra costruita attorno a talenti quali Schmeichel, Vilfort, John Jensen, Lars Olsen e Bent Christensen è il momento di alzare l'asticella: «mi prenderete per pazzo, ma con questa squadra siamo da prime quattro in Europa». Firmato Per Bjerregaard.

 

La cavalcata europea del 1990-91

 

Copenaghen alla fine degli anni Ottanta è una città profondamente in crisi. Il tasso di disoccupazione è ai massimi livelli, il degrado dilagante e l'età media piuttosto elevata ne fanno un posto poco appetibile soprattutto per i giovani.

Sarà la storica grande coalizione messa in piedi nel 1990 tra il conservatore Poul Schlüter, il leader socialdemocratico Svend Auken e il sindaco Jens Kramer Mikkelsen a dare la svolta. Un'alleanza trasversale per rivoltare una capitale in difficoltà, investendo in infrastrutture e progetti urbanistici all'avanguardia.

La Danimarca calcistica invece si prepara alla stagione europea post-Mondiale del 1990 senza troppe aspettative. Per le danesi, storicamente, sono tornei avari di soddisfazioni. Il meglio finora ottenuto è in Coppa delle Coppe, con i quarti di finale raggiunti da B1909, Randers Freja, Aarhus e Vejle.

Morten Olsen, mercoledì 19 settembre, nello stadio più grande del Paese - è vestito come si deve. Di fronte all'Eintracht Francoforte, la squadra che aveva sollevato quella stessa coppa UEFA dieci anni prima, sfoggia un maglioncino rosso e una giacca blu abbinata ad un pantalone grigio e capello perfettamente ordinato. Saluta la folla con gesti essenziali e si siede sulle panchine in legno sistemate a bordocampo.

I suoi partono senza remore. La sblocca il nigeriano Okechukwu, professione difensore. “Uche” è un armadio che divide un mini-appartamento composto di una camera e cucina con il connazionale Elahor. Guadagna un milione di Lire al mese ed ha paura solo della neve. Sul campo, come nella vita. Affronta i tedeschi di petto, supera la metà campo, poi due avversari, poi si accentra e scaglia un bolide all'incrocio. I padroni di casa martellano e gli ospiti non hanno tempo di respirare. Ritmo heavy metal, come quello suonato, al tempo, dagli Skid Row. Sul 2-0 gli undici in giallo si guardano: «che facciamo? Difendiamo o continuiamo ad attaccare?». Il santone allora si alza dalla panchina. Basta un gesto per far capire cosa ha in mente: i suoi annichiliscono gli ospiti, con cinque sberle e superano il trauma dell'eliminazione al primo turno delle ultime due campagne europee precedenti, contro Bruges e Olympique Marsiglia.

 

Nel frattempo l'Odense è stato seppellito di gol dal Real Madrid in Coppa dei Campioni, il Lyngby è uscito col Wrexham in Coppa delle Coppe e il Vejle si è fatto poco onore contro gli austriaci dell'Admira Wacker in UEFA. Al secondo turno rimane solo la squadra di Morten Olsen a difendere l'onore danese e dall'altra parte della barricata c'è il Ferencvaros, squadra dal glorioso passato, ma in netto declino, il cui ultimo risultato europeo degno di nota rimane la finale nella Coppa della Coppe di Basilea contro la Dinamo Kiev, persa nel 1975.

Il vento è quello freddo di Copenaghen e Morten Olsen abbandona la giacca d'ordinanza per rispolverare il cappotto nero. L'odore che proviene fuori dallo stadio è quello di chi cuoce Pølser a tutto spiano e li infila nei panini condendoli a piacere con salse e cipolle e la birra venduta nei bicchieri di plastica è la Carsberg o la più leggera Faxe. È soprattutto il nuovo catino di Brøndby Stadion, dove la gente ti alita sul collo e la squadra di casa non perde mai (almeno in Europa).

Un rigore generoso serve al baffuto Christofte la possibilità di riscaldare la folla, poi i magiari perdono due giocatori - e la testa - e i danesi allungano con un tocco sottomisura di Okechukwu ed una volée all'incrocio del lungagnone Kim Vilfort. Il ritorno a Budapest, per giunta in un “Ulloi üt” a porte chiuse, sarà una formalità.

 

Ancora Germania, ancora una squadra della Bundesliga, ancora un club del Paese Campione del Mondo a cercare di sbarrare la strada ai ragazzi terribili di Morten Olsen. Chi conosce bene le terre teutoniche, così vicine e così diverse, è John Jensen, detto "Faxe". Faxe, come la marca della birra più famosa di Danimarca (dopo Carlsberg) e il soprannome per via di una doccia di birra gelata che i compagni di squadra gli han fatto a sorpresa, dopo una vittoria. John Jensen è stato il primo marcatore europeo nella storia del Brøndby, ma ha anche vestito 47 volte la maglia dell'Amburgo in Bundesliga e sa cosa bisogna fare per eliminare le “Aspirine” di Leverkusen: aggredire, intimorire, colpire. Lo fanno subito al 5', con Torben Frank, rapido attaccante con acconciatura simile a un “punkettaro” per poi occupare bene le posizioni e tenere a bada il temibile Ulf Kirsten. Nella ripresa Christensen e Frank fanno 3-0.

Al ritorno i tedeschi provano a ripetere quanto fatto nella finale di Coppa UEFA tre anni prima contro l'Espanyol.

Partono in tromba, ma non sfondano. I gialloblù chiudono ogni spazio e Schmeichel si conferma un baluardo insuperabile.

 

Sembra un beffardo scherzo del destino. Una cambiale da scontare, una sanzione decisa da UEFA ancor prima di cominciare: la gara di andata sempre in casa. Non sfugge a questa legge la pratica ed organizzata Torpedo Mosca di Valentin Ivanov, autentica istituzione del club con la T disegnata sulla maglietta. Magliette che nel frattempo i danesi hanno modificato: meno inserti blu e più spazio al colore giallo. Sul petto, campeggia sempre la scritta Cirkel Kaffé.

 

    

Le magliette utilizzate dal Brøndby nella stagione europea 1990-91

 

 

Che stavolta sia dura lo si capisce dal fatto che la palla non entra in rete nei primi minuti, neanche nella prima mezz'ora e perfino in tutto il primo tempo. La differenza deve farla l'uomo più tecnico, il centravanti, cannoniere con 5 gol, quello che partecipa sempre ad ogni azione offensiva. Il fisico è quello di un comunissimo impiegato d'ufficio che va al lavoro con maglione chiaro d'ordinanza e la Renault 11 ad attenderlo al parcheggio per portarlo a casa alle 5 del pomeriggio. Bent Christensen però è uno veloce, maledettamente veloce, tanto da essere soprannominato "Turbo". Da una sua azione sulla sinistra scaturisce la rete pasticciata di Madsen che garantisce un vantaggio esiguo e poco rassicurante in vista del ritorno. A Mosca il terreno è infame e il gelo, alla lunga, fiacca muscoli e cervello. Ci han rimesso le penne Siviglia e Monaco e all'87' una deviazione del carneade Shirinbekov, nato in Tagikistan, rischia di mandare il sogno in frantumi. Si arriva ai rigori ed al capitano Lars Olsen riaffiorano i fantasmi del disastro di Bucarest di tre anni prima, quando dal dischetto, contro lo Sportul Studentesc, sbagliarono tutti - Schmeichel compreso.

Ma questa volta il gigante biondo si limita a parare e lo specialista Christofte, spiazzando Sarychev, scrive un'altra pagina di storia.

Il finale di questa fantastica storia, per i tifosi italiani e soprattutto quelli giallorossi, è arcinoto.

Nella semifinale di andata si affrontano la compagine che ha sempre segnato contro quella che in casa ha sempre vinto senza mai subire gol, a Copenaghen, naturalmente.

Il pronostico, al momento del sorteggio, pare già scritto, ma ad un primo tempo equilibrato, segue una ripresa dominata dai padroni di casa. Brøndby Stadion vuole la finale contro i tre tedeschi Campioni del Mondo dell'Inter, sostenendo al massimo la squadra, ma Cervone non è d'accordo e salva più volte il risultato con parate strepitose.

Due settimane più tardi, a Roma, si giocherà su un terreno reso pesantissimo dalla pioggia. «…Ma se chiameno tutti Jensen?» borbotterà qualche superficiale tifoso lupacchiotto al momento della lettura delle formazioni. Poi gli stessi tifosi vedranno uscire dal tunnel un bestione biondo con due mani enormi e allora cominceranno a preoccuparsi. Schmeichel dirige la difesa e controlla la situazione, ma è insolitamente incerto sui tiri da lontano. Sebino Nela lo intuisce e gli indirizza due bordate nel giro di un minuto: nella prima il portiere si salva con fortuna, nella seconda balbetta e propizia il vantaggio di Rizzitelli.

Il Brøndby accusa il colpo, ma non crolla. Morten Olsen sa che la gara può girare da un momento all'altro: un episodio, un infortunio, un cartellino... un'autorete di Nela. Morten schizza dalla panchina per raffreddare i bollori. Come sapeva che poteva girare da un momento all'altro sa che l'Olimpico, pur ferito, non finisce mai di ruggire.

È l'88' e la Roma tenta gli ultimi disperati assalti, perché la rete in trasferta valeva ancora doppio. L'azione è prolungata, Peter respinge goffamente un tiro sporco di Desideri e Völler infila all'incrocio vendicando, in una frazione di secondo, tutte insieme le batoste incassate dai suoi connazionali nei turni precedenti, di fronte a questa squadra sorprendente.

La Roma va in finale e regalerà al calcio italiano il secondo derby consecutivo in Coppa UEFA mentre i gialloblù torneranno in patria accolti da eroi. Quella semifinale sarà solo un assaggio del potenziale calcistico danese... il resto lo farà l'anno dopo la nazionale, vincendo a sorpresa un Campionato Europeo da ripescata.

 

 

 

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