Alviero Chiorri, l’altra metà di Vialli e Mancini

Alviero Chiorri, l’altra metà di Vialli e Mancini

Il fantasista vestì le maglie di Sampdoria e Bologna incrociando il suo destino con quello dei futuri gemelli del gol blucerchiati. Spese gli ultimi anni di carriera a Cremona

Redazione Edipress

20.04.2019 ( Aggiornata il 20.04.2019 12:28 )

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Genio e sregolatezza. È questa la definizione un po’ scontata nella quale andare a limitare la figura di Alviero Chiorri se si avesse poco tempo per poterne parlare. Ma chi era costui? Già, è questa la domanda che molto probabilmente possono farsi coloro che non hanno ancora raggiunto la mezza età. Per chi l’ha vissuto, ne ha studiato presenze e gol sull’album delle figurine Panini, lo ha visto scendere verso l’area avversaria a Marassi, al Dall’Ara, allo Zini saltando difensori e appoggiando assist ai compagni o tiri in porta mai banali, Alviero Chiorri sovviene come una foglia portata dal vento che segue traiettorie imprevedibili senza mai planare. Romano ancora oggi dall’accento marcato ma non dialettale, Alviero arriva molto giovane alla Sampdoria, giocandovi dal 1976 al 1981 e diventando idolo dei tifosi. Ha un talento smisurato, un fisico affatto fragile, la voglia di divertire, divertirsi, far star bene la gente. Vive la città fin troppo appieno, fa amicizia con Vittorio De Scalzi, leader dei New Trolls e gran tifoso doriano, della cui chioma ha poco da invidiare, col quale si ritrova spesso a condividere le carezze della notte di Genova.

L’avidità di successo a tutti i costi, di denaro, di carriera arrampicata a procuratori e top club è qualcosa che non appartiene alla sua sensibilità particolare, in equilibrio instabile tra la voglia di gustare le emozioni semplici e una certa propensione all’eccentricità. È così che si spiega il suo rifiuto a partecipare alla prima edizione del mondiale under 20 nell’estate del 1977: campionato finito, messo in bacheca l’unico trofeo che vincerà in carriera, il torneo di Viareggio, Alviero viene convocato per far parte della rappresentativa azzurra di categoria. Ma non va perché ha già prenotato le vacanze con i suoi amici. Una scelta per molti incomprensibile, folle, che gli precluderà altre strade. Ma per lui il calcio non è tutto e, con la stessa semplicità disarmante con cui supera gli avversari nelle giornate di grazia, vive il suo privato spesso a discapito delle opportunità che la sua classe cristallina gli potrebbe consentire. Tra il rammarico e l’incomprensione, di lui Fulvio Bernardini ebbe a dire: «Se Chiorri avesse un decimo del cervello di una persona normale, sarebbe stato il più grande di tutti i tempi». A lui, però, va bene così. Va bene la Samp, che non è ancora quella del petrolio di Mantovani, una squadra che galleggia senza velleità particolari nella serie B della fine degli anni settanta.

Va bene anche il Bologna del 1981-82 che a fine anno retrocede tra i cadetti, nel quale conosce la stella nascente di Roberto Mancini che insieme a lui, la stagione successiva, si ritrova alla corte di quel presidente che per i blucerchiati disegna finalmente grandi progetti. Nella Sampdoria che si avvia a costruire le basi per andare a sfiorare la Coppa dei Campioni, per Chiorri non c’è più posto. Troppo poco focalizzato sul risultato per poter far parte di una compagine che si insinua ai piani alti del calcio che conta, Alviero lascia Genova nell’estate del 1984 incrociando la sua strada con Gianluca Vialli. I due si scambiano le maglie di Sampdoria e Cremonese e l’affetto dei rispettivi tifosi. E il destino, forse non a caso, decide che l’ultima partita da professionista per Chiorri sia un Sampdoria-Cremonese nel quale Marassi gli tributa un applauso senza fine anche da avversario.


Il calcio dei procuratori, dei talent scout, dei dirigenti più o meno improvvisati dietro a scrivanie che spesso nascondono malinconie e affari poco trasparenti, non fa per lui. Alviero Chiorri va a Cuba a gustare l’ozio e respirare l’incanto delle mille suggestioni portare dal vento sulle increspature del mare. Quello di Ostia e Fregene, un giorno, gli ha chiesto di tornare per assistere una madre ormai sola e anziana. Fino a quando le traiettorie imprevedibili del vento della vita lo faranno planare altrove.

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