La Roma di Ciarrapico© LaPresse

La Roma di Ciarrapico

L'imprenditore appena scomparso fu proprietario del club giallorosso nelle prime due stagioni del dopo-Viola, a inizio anni Novanta. Un periodo con poche gemme, fra queste l'esordio in Serie A di Totti...

Stefano Olivari

16.04.2019 ( Aggiornata il 16.04.2019 13:04 )

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La morte di Giuseppe Ciarrapico è stata la morte di un protagonista dell’economia e della politica, soprattutto degli anni Ottanta e Novanta. Ma Ciarrapico ha legato il suo nome anche ad uno dei periodi più travagliati nella storia della Roma, quello seguito alla scomparsa di Dino Viola nel gennaio del 1991. Nel mezzo di una stagione difficile, fra il caso Lipopil (con squalifica di un anno per Peruzzi e Carnevale) e un rendimento scadente in campionato, anche se la squadra diretta da Ottavio Bianchi avrebbe alla fine conquistato la Coppa Italia in finale contro la Sampdoria dello scudetto e sarebbe arrivata alla finale di Coppa Uefa contro l’Inter. Ma dicevamo di Ciarrapico…

Già con Viola in vita l’imprenditore andreottiano aveva manifestato interesse per il club, come del resto un altro andreottiano osservante come Luciano Gaucci. Viola per la sua successione aveva però piani più ambiziosi e aveva tentato di coinvolgere nella Roma nientemeno che Raul Gardini, che era al massimo del suo splendore e che a Roma aveva molte attività (fra queste il Messaggero). Il discorso con l’imprenditore ravennate non sarebbe andato avanti per tanti motivi, non ultimo la freddezza di Gardini nei confronti del calcio. Quindi mesi di incertezza societaria assoluta, pieni di candidati reali e mediatici: Francesco Caltagirone, Pietro Mezzaroma, Giancarlo Parretti, Nicola Trussardi, addirittura Renato Bocchi (ex proprietario della Lazio insieme a Calleri) e altri che dimentichiamo, in mezzo alle solite finanziarie americane (i cinesi, più o meno finti, all’epoca non erano di moda).

Alla fine la spuntò Ciarrapico, perché Giulio Andreotti (all’epoca presidente del Consiglio) gradiva che la Roma rimanesse in mani amiche e alla fine scelse questa soluzione dopo una lotta interna fra le varie correnti dell’andreottismo: Vittorio Sbardella spingeva per Vincenzo Romagnoli (Acqua Marcia), fra l’altro la soluzione più gradita ai Viola, mentre Paolo Cirino Pomicino era per Ciarrapico. Storie antiche ma non troppo, visto stiamo parlando del 1991. Le cifre dell’operazione, con gli occhi di oggi, fanno comunque sorridere: 15 miliardi di lire per gli eredi Viola e 9 miliardi di aumento di capitale per una società che aveva debiti per circa 33 miliardi.

Il primo calciomercato della Roma di Ciarrapico, di cui per qualche mese sarebbe stato vicepresidente Gianni Petrucci (attuale presidente della Federbasket ed ex numero uno del CONI) non fu certo pieno di colpi, anzi. Dalla Juventus arrivò un talento come Thomas Hässler ma in parziale contropartita fu dato Peruzzi, mentre gli altri acquisti furono Garzya dal Lecce e Bonacina dall’Atalanta. Fecero più notizia le partenze, oltre a quella di Peruzzi: Berthold, Gerolin e Desideri, per non parlare dell’addio al calcio di Bruno Conti. Bianchi fu confermato come allenatore, senza troppo entusiasmo, e la squadra disputò un campionato migliore del precedente arrivando quinta. Una buona squadra, con giocatori di livello (Giannini, Carboni, Nela, Rizzitelli), ma con una difficoltà pazzesca nel segnare: basti pensare che il capocannoniere in campionato fu Rudi Völler, alla sua ultima stagione giallorossa, con 7 gol…

Nell’estate del 1992 fu ingaggiato come allenatore Vujadin Boskov, poche settimane dopo la finale di Coppa dei Campioni persa dalla sua Sampdoria con il Barcellona di Cruijff. E ci furono finalmente due grossi acquisti: Sinisa Mihajlovic dalla Stella Rossa Belgrado e Claudio Caniggia dall’Atalanta. Non bastarono per cambiare passo, anzi: la stagione fu deludente, con uniche gemme la finale di Coppa Italia (persa di un niente con il Torino) e l’esordio in serie A di un sedicenne Totti. Dal punto di vista di Ciarrapico fu anche peggio visto che ia marzo 1993 fu arrestato per lo scandalo Safim-Italsanità. Era il momento di passare la mano e Ciarrapico lo fece. Dopo varie trattative (una coinvolse anche il presidente del Foggia Casillo) a maggio Franco Sensi insieme a Pietro Mezzaroma rilevò la maggioranza della società per circa 70 miliardi fra soldi liquidi e debiti accollati (facile il confronto con la situazione lasciata da Viola due anni prima), senza contare altre pendenza che sarebbero saltate fuori, e da lì iniziò un’altra storia. Solo con Sensi, dopo pochi mesi. Certo la Roma non è stata la pagina migliore della vita imprenditoriale di Ciarrapico.

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