Giornale di critica e di politica sportiva fondato nel 1912

Adrian Newey e un rimpianto chiamato Ferrari© Getty Images

Adrian Newey e un rimpianto chiamato Ferrari

In un’intervista rilasciata al podcast ufficiale della F1 “Beyond The Grid” il Direttore della tecnologia Red Bull ha svelato di esser stato vicino a un approdo nella scuderia di Maranello nel 1993 e nel 2014

29.09.2023 ( Aggiornata il 29.09.2023 21:36 )

  • Link copiato

Un genio nel capire e nello sviluppare l’aerodinamica, stimato e apprezzato dagli appassionati di Formula 1 di tutto il mondo. Il ritorno delle monoposto ad effetto suolo ha riportato nuovamente in auge l’estro e il talento di Adrian Newey, basilare nei successi del gruppo March nel campionato CART agli albori della sua carriera come progettista, e di Williams, McLaren e Red Bull (con cui collabora dal 2006) in Formula 1.
Newey è infatti una vera e propria leggenda vivente del Circus: in tanti ricordano ancora oggi l’aerodinamica così sofisticata che caratterizzava sul finire degli anni’80 le monoposto del team Leyton House (che progettava e di cui era Direttore Tecnico) guidate da Ivan Capelli e dal brasiliano Mauricio Gugelmin, ma ancor di più gli undici titoli piloti (3 con la Williams (e in particolare con Nigel Mansell nel 1992, con Alain Prost nel 1993 e Damon Hill nel 1996); 2 con McLaren nel biennio 1998-1999 con Mika Hakkinen, e ben sei con Red Bull (4 con Sebastian Vettel dal 2010 al 2013, e 2 con Max Verstappen nel 2021 e nel 2022, in attesa che la prossima settimana in Qatar possa arrivare il tris) e gli undici titoli costruttori ( 4 con Williams dal 1992 al 1994 e nel 1996, 1 con McLaren nel 1998, e ben sei con Red Bull dal 2010 al 2013 e nel biennio 2022-2023) conquistati dalle monoposto da lui progettate, che lo rendono l’ingegnere più vincente della storia del Circus.

Difficile pensare che un genio come Adrian Newey possa avere qualche rammarico dopo la notevole quantità di titoli vinti in carriera, eppure nei giorni scorsi partecipando al podcast ufficiale della Formula 1 “Beyond The Grid” il 64enne ingegnere britannico originario di Stratford-upon-Avon (cittadina che dette i natali al celebre drammaturgo e poeta inglese William Shakespeare), non ha nascosto il rimpianto da una parte di non aver potuto collaborare con due grandi campioni del calibro di Fernando Alonso e di Lewis Hamilton, dall’altra di non aver mai potuto lavorare con la Ferrari. Se escludiamo i colloqui avuti nei primi anni’80 per un possibile progetto sul fronte Indycar mai andato in porto visto l’impegno con il gruppo March, in ben due occasioni Newey è stato molto vicino ad approdare in Ferrari senza mai riuscirvi.

Come raccontato in occasione della recente intervista a “Beyond The Grid", la prima occasione in cui Newey è stato vicino a poter collaborare con la Ferrari è stato nel 1993, poche settimane dopo l’approdo a Maranello di Jean Todt, con il francese che negli anni successivi avrebbe dato vita assieme a Michael Schumacher e al duo tecnico costituito da Ross Brawn e a Rory Byrne ad un equipe tecnica che avrebbe regalato al Cavallino ben cinque titoli piloti consecutivi (dal 2000 al 2004) e ben sei titoli costruttori (dal 1999 al 2004).
Nel 1993, dunque, Newey (all’epoca in Williams) ebbe un colloquio con Jean Todt (appena arrivato a Maranello), il quale già allora era fortemente intenzionato a portare in Ferrari Michael Schumacher (trattativa che si concretizzò realisticamente nell’agosto del 1995). L’ingegnere britannico rimase profondamente tentato dalla proposta lavorativa fattagli da Todt, ma alla fine rifiutò per motivi personali: dopo aver visto il suo primo matrimonio naufragare nel periodo in cui faceva avanti e indietro tra la Gran Bretagna e gli Stati Uniti all’epoca del suo lavoro nel Gruppo March, essendosi da poco risposato, Newey non voleva far naufragare il suo secondo matrimonio facendo spoletta tra la Gran Bretagna e l’Italia (Maranello), motivo per il quale con profondo dispiacere decise di rifiutare la proposta fattagli dalla Ferrari.
In merito alla possibilità che la Rossa all’epoca potesse aprire una seconda sede in Gran Bretagna per consentirgli di poter lavorare più vicino a casa (come avvenuto proprio negli anni’90 con il progettista inglese John Barnard), Newey si è dimostrato piuttosto scettico, sostenendo che non avrebbe mai accettato, in quanto non crede al concetto che possa esistere una scuderia che abbia il centro di ricerca e progettazione in un luogo diverso da quello della squadra corse.

La seconda volta in cui Newey è stato vicino al possibile approdo in Ferrari è stata nel 2014. Dal 2006 il 64enne ingegnere britannico aveva iniziato a lavorare in Red Bull, portando il team austriaco fondato da Dieter Mateschitz e guidato da Chris Horner alla conquista di ben quattro titoli piloti e quattro titoli costruttori dal 2010 al 2013, potendo contare sull’immenso talento al volante di Sebastian Vettel.

Nel 2014, però, in Formula 1 assistiamo all’avvento delle nuove power unit turbo-ibride (che prendono il posto dei vecchi motori V8 aspirati), con Mercedes che si dimostrerà essere la più preparata all’avvento dei nuovi motori, e con Red Bull che soffrirà non poco la scarsa competitività del motore Renault.

Newey a “Beyond The Grid” racconta che quell’anno lui, il Team Principal Red Bull Chris Horner ed Helmut Marko si presentarono dall’ad Renault Carlos Ghosn, chiedendogli di poter aumentare il budget sul motore 2015 in modo da poter avere una power unit maggiormente prestazionale in pista, ma lo stesso Ghosn rispose loro di non aver alcun interesse nei confronti della Formula 1, e di essere presente solo in quel campionato perché i suoi addetti al marketing gli avevano detto che dovevano esserci. Questo provocò in Newey un senso quasi di frustrazione, che lo spinse a valutare le proposte arrivategli dalla Ferrari in quel periodo, nonostante non fosse realmente intenzionato a voler lasciare la scuderia di Milton Keynes, trovandosi molto bene in Red Bull. Alla fine, però, il 64enne ingegnere britannico decise di rimanere, e dopo altre quattro stagioni disputate con la power unit Renault (dal 2016 rebrandizzata Tag Heuer), solamente nel 2019 con l’inizio della partnership motoristica con Honda (proseguita ancora oggi nonostante sia stata inaugurata la Red Bull Powertrains) la Red Bull ha cominciato progressivamente a rialzare la testa, arrivando nel 2021 a conquistare il titolo mondiale piloti con Max Verstappen, a cui poi è seguito lo scorso anno il doppio titolo piloti-costruttori, e quest’anno il titolo costruttori vinto in Giappone (in attesa il prossimo weekend del terzo titolo piloti consecutivo con Verstappen).

© Getty Images

Una serie di successi, quella di Verstappen, resa possibile grazie alle pregevoli doti aerodinamiche della RB18 (nel 2022), e della RB19 (nel 2023), dietro le quali si nasconde la mano silenziosa di un genio, che ancora oggi salvo casi eccezionali non manca di far sentire la propria presenza al muretto (al fianco di Chris Horner), così come ai box, non esitando a verificare di persona ogni singola modifica effettuata dai meccanici Red Bull. Un genio chiamato Adrian Newey.

Condividi

  • Link copiato

Commenti

Leggi Guerin Sportivo
su tutti i tuoi dispositivi